di Lorenzo Rinaldi
Un libro di recente pubblicazione rende merito ai benefattori
del Lodigiano e dedica ampio spazio alla nostra città.
Da Bernardino da Feltre a Siro Delmati, fino all’intuizione della
casa di riposo e all’edificazione della basilica: un tempo si
sarebbe chiamata beneficenza, oggi è diventata “economia morale”,
ma resta importantissima.
“A partire dalla seconda metà del Quattrocento si diffusero in svariate città dell’Italia centro-settentrionale i Monti di pietà, istituzioni senza scopo di lucro, con il compito di erogare prestiti di limitata entità a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. Il più vivace assertore dei Monti di pietà fu il francescano Bernardino da Feltre, che percorse in lungo e in largo l’Italia settentrionale e centrale quale oratore capace di convincere le masse. La sua fama si diffuse ovunque e la gente accorreva ad ascoltare la sua predicazione. Il religioso svolse un ruolo di primo piano nell’istituzione dei Monti di pietà, ideati e promossi dall’ordine francescano per sottrarre le classi più povere alle angherie degli usurai. Il primo Monte da lui eretto - ne avrebbe costituiti una ventina - fu molto probabilmente a Mantova nel 1484. Nel 1493 il francescano si recò a Pavia, dove pure gettò le basi di questa istituzione.
Pavia era molto frequentata dai commercianti di Sant’Angelo Lodigiano, che tornando a casa iniziarono a diffondere la notizia della bravura del predicatore e dei riscontri positivi che si stavano registrando in città a seguito della fondazione del Monte di pietà. Esattamente un anno dopo Bernardino da Feltre, proveniente da Crema e diretto di nuovo a Pavia, attraversò Sant’Angelo Lodigiano, dove il parroco lo invitò a sostare. La fama del noto predicatore attirò una grande folla. Fece un sermone sugli Angeli. Pare che in quel frangente Giovanni, figlio di Matteo Bolognini e primo duca della cittadina, consegnò al religioso una somma cospicua, per sostenere l’attività del Monte di pietà di Pavia. Subito dopo Bernardino da Feltre si trasferì a Pavia, dove giunse il 30 agosto e dove morì il mese successivo, il 28 settembre del 1494.
Non conosciamo i motivi che spinsero la famiglia Bolognini a finanziare lo sviluppo del Monte di pietà a Pavia anziché fondarne uno nel Paese di cui erano feudatari. Sarebbero passati novant’anni prima che Sant’Angelo potesse godere i frutti di una simile istituzione. L’iniziativa scaturì sempre dalla famiglia Bolognini, in particolare da Gerolama, figlia del conte Cavazzi della Somaglia e moglie di Cesare Bolognini. La feudataria convocò un incontro in castello il 30 novembre 1584 e seduta stante furono nominati gli amministratori del futuro Monte di pietà. L’atto di costituzione lo inviarono a Roma per l’approvazione della Santa Sede. La bolla pontificia, con il sigillo di papa Sisto V, conteneva l’implorazione del cardinale Lambertini e iniziava con queste parole: “Beatissimo Padre, i Priori e gli abitanti di tutta la terra di Sant’Angelo diocesi di Lodi, desiderosi di provvedere alle necessità delle povere e miserabili persone di detto paese... L’autorizzazione del Papa giunse un anno dopo, il 17 novembre 1585”.
Il Monte di pietà è il primo di un lungo elenco di iniziative a beneficio della collettività e soprattutto degli ultimi che sono state promosse nei secoli a Sant’Angelo, da parte dei santangiolini di nascita o acquisiti, e che sono illustrate magistralmente nel volume “I benefattori del Lodigiano” (da cui è tratto il brano sui Monti di pietà), scritto a quattro mani da Ferruccio Pallavera e Angelo Stroppa, edito da “Pmp” per i “Quaderni di studi lodigiani” su iniziativa della Fondazione comunitaria della Provincia di Lodi.
Il libro, oltre mille pagine, è una miniera di informazioni sull’attività solidale che ha caratterizzato la nostra terra, frutto della generosità di molti, talvolta anche piccoli, a beneficio di tutti. Come scrive l’economista Giulio Sapelli nella prefazione, “la società alimentata dallo spirito di comunità ha continuato ad alimentare dei processi che altro non possono definirsi che frammenti preziosi di un’anticipazione dell’economia morale, che pone al centro la persona”.
La particolarità del volume è quella di prendere in esame, Comune per Comune, tutte le iniziative di solidarietà nel corso dei secoli, almeno fino a quando è possibile documentarle. A Sant’Angelo Lodigiano gli autori dedicano ben 32 pagine, partendo proprio dal Monte di pietà e passando poi in rassegna numerose iniziative, alcune arrivate ai nostri giorni. Importanti, nella ricostruzione dei fatti, alcune ricerche realizzate da “Il Ponte” alcuni anni fa grazie all’intuizione degli amici Angelo Montenegro e Antonio Saletta, che non sono più tra noi.
L’Ospedale Santa Marta
Si scopre così, ad esempio, che già “agli inizi del Cinquecento a Sant’Angelo era funzionante un ospedale, la cui esistenza è attestata negli anni 1525 e 1529, in occasione delle gravi pestilenze che devastarono il territorio e colpirono anche Sant’Angelo. I documenti custoditi in parrocchia lo definiscono ecclesia hospitalis S. Mariae Misericordiae oppure “Ospedale S. Marta”, dal nome della vecchia chiesa - ora abbattuta - situata a settentrione della basilica (nella zona in cui si incrociano le attuali via Orsi e via Semenza), presso la quale appunto si trovava l’ospedale. L’ospedale Santa Maria della Misercordia - scrive Antonio Gaboardi (parroco, ndr) - era un piccolo ambiente che aveva ragione di ospizio, oltre che per gli ammalati, soprattutto per i pellegrini romei, cioè quei pellegrini che per voto o per l’acquisto del Giubileo si recavano a Roma. In esso si curavano gli “amorbati”. Viveva grazie alla carità della popolazione, alle elargizioni dei pochi benefattori e delle questue che venivano organizzate nella stagione del raccolto. Era dotato di soli due letti. Il minuscolo ospizio era operante ancora nei primi decenni del Seicento. Lo si apprende da un documento risalente al 1626”.
Costruzione
della Basilica a Sant’Angelo
Dalla casa di riposo all’imponente basilica
Il volume di Pallavera e Stroppa dedica poi spazio alle comunità e alle opere pie nei primi anni del Novecento, all’ospedale Delmati (dove si trova oggi il palazzo del municipio), alla casa di riposo. In particolare, scrivono gli autori, “nessuna casa di riposo è sentita di stretta appartenenza della comunità locale come quella di Sant’Angelo Lodigiano, dedicata a santa Francesca Cabrini: una istituzione che gli abitanti hanno sempre considerato come propria. Il primo ospizio per la vecchiaia fu istituito il primo gennaio 1884 dal parroco don Bassano Dedè e collocato in un edificio alle spalle della chiesa parrocchiale, di proprietà delle Suore del Sacro Cuore”. E ancora, gli autori passano in rassegna la costruzione di quella che definiscono “imponente basilica”: “Nel 1920 la chiesa parrocchiale di Sant’Angelo Lodigiano era ormai desueta. Costruita tra il 1662 e il 1673, evidenziava da tempo la sua età. A partire dal 1857 i parroci che si succedettero alla guida della comunità (Bassano Dedè, Angelo Raffaini, Domenico Mezzadri) fecero predisporre progetti finalizzati a rendere l’edificio più idoneo al soddisfacimento delle nuove e aumentate esigenze dei fedeli. Fu il nuovo parroco Enrico Rizzi, giunto a Sant’Angelo nel 1920, ad assumere la decisione di procedere senza indugi alla sua realizzazione”.
Un popolo solidale,
fino ai giorni nostri
Grande importanza nella storia di Sant’Angelo assumono poi gli asili infantili Vigorelli e Madre Cabrini, la fondazione della contessa Bolognini, la valorizzazione del patrimonio monumentale (il castello, la basilica, la chiesa di San Rocco, la chiesa di San Bartolomeo, la casa di Madre Cabrini, le Mura spagnole, la cascina Ortaglia). Il libro dedica spazio poi all’enorme statua di Madre Cabrini in Vaticano donata dall’architetto americano Thomas Le Roy Warmer, all’impegno di don Lacchini per costruire dal nulla la comunità di Maiano, alla realizzazione del Museo delle guerre per la pace di viale Partigiani e a due associazioni che sono entrate nella storia della nostra comunità: la Croce bianca e Africa chiama.
il
vecchio ospedale Delmati
il primo asilo Vigorelli