Al compimento dei 61 anni i vigili del fuoco volontari vanno in pensione, questo dispongono i regolamenti interni. E così i distaccamenti perdono poco per volta delle colonne portanti, che vengono via via sostituite dai giovani. Succede anche nel distaccamento di Sant’Angelo Lodigiano, che negli scorsi mesi ha ringraziato due storici volontari, Paolo Barbin e Giannantonio Maietti per il tanto lavoro prestato in maniera gratuita e disinteressata a favore della comunità.
Li abbiamo incontrati, una sera, in caserma, nei primi giorni di settembre quando già avevano dismesso le divise del vigile del fuoco (anche se si resta pompieri sempre!). A favorire l’incontro Stefano Nazzari, attuale capo distaccamento, che ringraziamo e che appare nella foto scattata all’ingresso della caserma santangiolina accanto ad alcuni mezzi storici.
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Per Paolo Barbin l’ultimo giorno da vigile del fuoco è stato il 2 luglio 2023.
Riavvolgiamo il nastro. Quando ha iniziato?
“Primi anni Ottanta. Nel 1982 avevo appena finito il servizio militare e viaggiavo per lavoro con i mezzi pubblici. Fu un vigile del fuoco che viaggiava con me, Claudio Rustioni, che mi convinse a passare dal comando. Ho fatto il volontario dal 1984 al 2023, con un’esperienza di due mandati come capo distaccamento.
Chiuda gli occhi. Qual è la prima immagine che le viene in mente?
“Impossibile non pensare ai tanti interventi di soccorso, soprattutto quelli più complessi e duri. Mi riferisco agli incidenti stradali. Personalmente poi sono rimasto colpito dall’incendio di qualche anno fa alla cascina Vistarina di Salerano, nel quale morirono anche alcuni bambini. E poi ricordo un incidente a Copiano, con due morti: erano ragazzi bresciani che tornavano in Università a Pavia dopo essere andati nei loro comuni d’origine per votare”.
Come ci si rapporta con l’elemento della sofferenza?
“Quando interveniamo sullo scenario di una tragedia siamo concentrati sul nostro lavoro, non possiamo permetterci distrazioni perché metteremmo a rischio la nostra incolumità, quella degli altri soccorritori e quella dei feriti. Certamente una volta ultimato l’intervento la freddezza viene meno. Siamo esseri umani”.
Capita spesso di essere ringraziati per il lavoro che si fa?
“Non sempre, ma quando capita è sempre gratificante. Le voglio raccontare un episodio curioso: Alcuni anni fa io e un collega, Gianni Cremonesi, eravamo dal dottor Semenza per il rinnovo patenti. A un certo punto entra una ragazza, ci guarda e ci ringrazia perché l’avevamo salvata alcuni anni prima. Devo essere onesto: è stata lei a riconoscere noi e quel grazie, arrivato inaspettato, è stato davvero gratificante”.
Che tipo di volontariato è quello del vigile del fuoco?
“Certamente impegnativo. Bisogna essere convinti e farlo con coscienza, consapevoli dei sacrifici e del fatto che si lavora in condizioni di potenziale pericolo”.
Ha mai avuto paura?
“La paura è parte dell’uomo. Anche se siamo preparati, l’incognita è una costante. La paura può diventare però anche un’alleata, perché ti impone durante un intervento di soccorso di lavorare con il massimo della concentrazione, sapendo che non puoi sbagliare”.
Cosa significa essere vigile del fuoco?
“Significa far parte di una famiglia e sperimentare il senso di solidarietà che è rintracciabile nei distaccamenti”.
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Per Giannantonio Maietti l’ultimo giorno da vigile del fuoco è stato il 23 luglio 2023. Ha prestato la propria opera come vigile del fuoco volontario al distaccamento di Sant’Angelo per 29 anni.
Torniamo agli inizi…
“Tutto è nato dall’amicizia con alcuni ragazzi che erano già vigili del fuoco e mi hanno spinto a provare. Ma si presentò subito un problema...”.
Sarebbe?
“L’altezza. Sono alto 1 metro e novanta, troppo per i regolamenti allora in vigore. Poi per fortuna la legge è cambiata”.
Bene, aggirato questo inconveniente, passiamo ai ricordi sul campo. Anche per lei si tratta di incidenti stradali?
“Alcune scene sono difficili da cancellare. Come l’intervento di pochi anni fa in collina su un incidente stradale, sulla strada collinare verso Graffignana: persero la vita due ragazze di Sant’Angelo”.
Anche a lei dunque chiedo come si affronta il dolore...
“Durante l’intervento l’adrenalina ti permette di restare completamente concentrato sul quel che si deve fare, sulle operazioni da mettere in atto, sui movimenti da non sbagliare. E questo credo sia molto importante. Certo, una volta ultimato l’intervento, pensare a quel che è successo è inevitabile”.
Come è cambiato in questi trent’anni il lavoro del vigile del fuoco?
“Diciamo che è cambiato tanto. Come? I vigili del fuoco sono sempre più professionali e anche quella del volontario è un’attività sempre più professionalizzante. Consideri che una volta si imparava sul campo, dai colleghi più esperti. Oggi si deve seguire un corso di formazione di 156 ore prima di poter uscire sugli interventi”.
Mi ha sempre colpito un aspetto: viviamo una crisi di valori nella nostra società, ci sono intere categorie screditate, eppure i vigili del fuoco continuano a riscuotere consensi, sono apprezzati e stimati. A Sant’Angelo, città in forte evoluzione, il distaccamento dei vigili del fuoco volontari rimane una istituzione. Secondo lei perché?
“Bella domanda! Probabilmente perché i cittadini sanno che noi ci siamo e possono contare su di noi. E probabilmente nel corso degli anni alcuni eventi particolarmente drammatici nei quali siamo stati impegnati hanno fatto crescere la stima del Paese verso i vigili del fuoco. Penso al terremoto dell’Aquila”.