Il Ponte di Sant'Angelo Lodigiano Foglio d'informazione locale

Le parole di Don Aniello, prete “anticamorra”, per San Rocco 2024

La sua testimonianza al lunedì della Sagra nel Salone multifunzionale dell’oratorio

di Matteo Fratti

Accoglie col sorriso l’invito, Don Aniello Manganiello, e con la consueta verve che lo anima, prende la parola per l’evento che lo accoglie, nella serata del 9 settembre scorso, quale testimone in programma tra i momenti della Sagra, in questo S. Rocco 2024.
E l’occasione che dovrebbe chiudere gli appuntamenti, in realtà lascia aperto il senso vero del messaggio della festa, nelle parole di questo prete, volto noto anche in interviste televisive, perché parroco per sedici anni del quartiere popolare di Scampia, a Napoli, noto alle cronache quale “fortino” di spaccio e degrado, ma anche per la lotta alla camorra, portata avanti nelle comunità del sacerdote, proprio per questo minacciato di morte. Il suo prezioso intervento “dal vero” si rende allora parola viva, testimonianza diretta nel nostro contesto, molto partecipato nella data in questione, da tutte le comunità di Sant’Angelo e non solo, per condividere i discorsi di una vita spesa nella lotta a favore della legalità. Ed è proprio una sua precisazione a chiarire, incalzato dalla mediazione di Ferruccio Pallavera, già storico direttore del Cittadino e moderatore della serata, quanto purtroppo, a scanso di equivoci, nelle periferie in cui ha operato, non sia ancora scontato: la droga e la camorra sono la distruzione; il Vangelo e il lavoro, la rinascita. Prende così il via da quello che dovrebbe essere un assioma, il discorso del nostro ospite, invitato con gli onori di casa sul palco del salone multifunzionale dell’oratorio di San Rocco, presenti tra il pubblico anche nostre autorità ecclesiastiche e civili. Sicché la narrazione di Don Aniello, si fa l’intenso racconto di una vita: pellegrina, come S. Rocco, tra i luoghi ultimi di un destino che lo vede aggrapparsi con quella che pare una forza, sì, ma non violenta, quanto serena ed energica, nel battersi contro quelli che, pure in cattive reputazioni, diventano anche pregiudizi e barriere. Sue allora le considerazioni di come, ad esempio, le parole di denuncia dello scrittore Roberto Saviano, autore del celebre libro “Gomorra” e delle sceneggiature derivate, tra film e serie televisive, abbiano gettato anche fango sul quartiere e su Napoli. Così d’altro canto, lo stesso religioso si è posto controcorrente, allorché nel suo libro “Gesù è più forte della camorra”, ha rifiutato di togliere alcune pagine di critica rispetto ad alte istituzioni ecclesiastiche, cosa che gli è valsa il ritiro ad un anno sabbatico e di riflessione; ma per tornare più forte che mai, nella sua missione quotidiana. Un’attitudine che pare essergli naturale, per lui, ultimo di otto figli e orfano di padre (andatosene nel 1953, solo pochi mesi prima che lui nascesse); ma altrettanto abituato come alla povertà, così ad una fede trasmessa nell’esperienza familiare e in un contesto territoriale che lo attraeva all’inizio, verso un convento dell’Ordine dei Cappuccini. Un richiamo che non si spegnerà, ma prenderà strade diverse nel suo cammino vocazionale in seminario, prima a Varese e poi a Roma, ordinato guanelliano nel 1980. Sarà quindi lì, e poi in provincia di Agrigento e ancora nella periferia romana il suo servizio, nei luoghi difficili che lo ritroveranno appunto, pur con iniziale ritrosia, assegnato dal 1994 alla parrocchia di Santa Maria della Provvidenza a Scampia, fino al 2010. “La distanza dei confratelli nei miei confronti …” – dice – “… è stata la mia più grande fama”. Una verità confermata persino da un detenuto del carcere di Secondigliano: - “fate in modo che Don Aniello non venga trasferito da Napoli” -. Si dirama così nella testimonianza di mille aneddoti la sua storia, che pure si sovrappone anche a quella che è, di contro, la narrazione di un contesto criminoso, che l’azione della comunità ha saputo scardinare, spostando i riflettori da una fama negativa a quel che si è fatto per contrastarla. La conduzione di Pallavera ci ricorda anche come Don Aniello sia stato spesso in alcune scuole del nostro territorio, dove l’interlocutore racconta come abbia colto quanto l’attività di volontariato vada sempre più riducendosi tra gli adolescenti.
Oggi Don Aniello è fondatore di “Ultimi”, associazione per diffondere presidi di legalità in tutta Italia; qualcosa di cui anche il Lodigiano avrebbe bisogno. Chissà che non venga anche da serate come questa.


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