Un tempo il 23 aprile, giorno di San Giorgio protettore dei lattai, venivano rinnovati i contratti di fornitura di latte con i mandriani e in tale occasione venivano offerti pan meini e panna liquida.
La tradizione li voleva fatti con farina di miglio (in dialetto Mej), usata nella panificazione, mischiata ad altre farine e aromatizzata con fiori di sambuco essiccati. Leggendo qua e là in internet, ho scoperto che la storia del pan meino si intreccia con diverse leggende fra le quali quella che vede proprio come protagonista San Giorgio.
Eccola: C’è stato un tempo in cui, non lontano da Milano, viveva un drago. Un drago alato, dai lunghi denti e dall’alito infernale, che divorava il bestiame al pascolo nei prati della Brianza. FURIA BUIA, lo chiamava la gente del popolo, ARDRABUC era il nome che gli davano i sapienti. Circa 280 anni dopo la nascita di Cristo la gente dei paesi e delle campagne decise, per placare la fame di questo spaventoso animale, di offrirgli ogni anno un pasto fatto di giovani e giovinette. Un giorno la vittima scelta dal destino fu la figlia di un re, la bellissima principessa Cleodelinda di Morchiuso. Legata a un albero di sambuco, la fanciulla attendeva che si compisse il suo tragico destino. Un giovane arrivò a salvare la principessa, ovviamente in sella al suo cavallo bianco, Giorgio era il suo nome. Fiero e coraggioso quanto scaltro, Il cavaliere si fece preparare tante focaccette ricoperte di fiori di sambuco (paniga), le cui virtù rilassanti e sonnifere erano già note. Il drago arrivò, spalancò la bocca pregustando il suo pasto, e Giorgio rapido gli buttò nelle fauci le pagnottelle. Il drago, assopito e ammansito, si lasciò mettere la cavezza dal cavaliere, che liberò la ragazza e trascinò la furia buia in un vicino paese, dove la decapitò con la sua spada. Il paese era Eupilio, e da lì la testa del drago rotolò fino a cadere nelle acque del lago di Pusiano dove, dicono, si trova tuttora. Il giovane, in seguito all’impresa, venne proclamato santo. E in suo onore, ogni anno, il giorno di San Giorgio, il 23 aprile, in tutta la Lombardia si preparano i profumatissimi dolcetti al sambuco, i pan de mej. E ancora oggi la panna è l’accompagnamento ideale per questo delizioso dolcetto.
Pan de mej, pan de mein, de meitt, pandemèinn, cioè pane di miglio: i diversi nomi rimandano al miglio, cereale povero, ingrediente che fino al XVII secolo era impiegato normalmente nella panificazione e nella preparazione di dolci rustici, e che poi venne sostituito con la farina di mais. Ora invece è preparato con un mix di farine di mais e di grano ed è diventata usanza prepararlo anche nel giorno dedicato ai morti.
La ricetta DEL MEINO
DI S. GIORGIO
Ingredienti da produzioni biologiche rispettose dell’ambiente e del lavoro umano:
Per circa 15 meini:
250g di farina di mais fioretto,
50g di farina di mais macinata grossa,
200g di farina 00,
150g di zucchero,
3 uova,
150g di burro,
vaniglia bourbon in polvere,
16g di lievito in polvere per dolci (1 bustina),
un pizzico di sale,
zucchero a velo,
1/2 cucchiaio di fiori essiccati di sambuco o in alternativa la buccia di un limone.
Procedimento
Fate sciogliere il burro e mettetelo da parte. In una ciotola sbattete le uova con lo zucchero sino ad ottenere un composto cremoso, aggiungete il burro diventato freddo, poco sale e per ultimo le farine miscelate fra loro con il lievito, la polvere di vaniglia, i fiori di sambuco o la buccia di un limone. Otterrete un composto morbido ma lavorabile con le mani. Fate delle palline prelevando circa 60/70g di composto. Ponete le palline in frigorifero per almeno mezzora. Riprendete le palline e schiacciatele formando un disco di 8 cm di diametro. Ponete il tutto su una placca da forno rivestita di carta forno, cospargete con zucchero semolato e abbondante zucchero a velo. Infornate a 180 °C per 20 minuti (regolatevi con l’esperienza fatta con il vostro forno di casa). In alcune zone era usanza aggiungere alla panna anche le castagne lesse, oppure servire il pan de mej con vino dolce. Un tempo si usava il vin del tecc fatto con uve appassite e conservato per le occasioni speciali in solaio, il tecc, il tetto, appunto. Oggi si possono scegliere altri vini dolci del territorio lombardo, come Solarò, il passito di Poderi San Pietro di San Colombano.
Marina Cecchi
marina.cecchi@yahoo.com.