Per iniziativa degli amici del castello
Quadri e statue del museo
ritornati come una volta
E’ fuori di dubbio che il restauro delle opere
d’arte collocate nel museo storico Morando Bolognini del nostro
castello sia uno degli obiettivi più importanti e significativi
che l’Associazione degli amici del castello di Sant’Angelo e dei
suoi musei da sempre si propone. La risposta concreta è stato
il finanziamento di circa 7 milioni di lire da parte del sodalizio
presieduto da Letizia Tonali, che ha permesso di far ritornare all’antico
splendore due quadri e altrettante statue lignee, che si trovano
in pessimo stato di conservazione.
I due quadri sono stati presentati al pubblico
sabato 27 ottobre e il loro restauro è dovuto all’abilità
della lodigiana Emilia Vinelli.
Il dipinto "Ritratto del Duca Pompeo Litta
Visconti Arese – bambino", raffigura il Duca Bambino in veste
rosata, che posa seduto sopra un cuscino con la mano sinistra sul
petto. Il nobiluomo Pompeo Giulio figlio di D. Antonio e di Paola
Visconti Arese dei Conti di Trebbia, fu commissario generale di
stato della Lombardia Austriaca e sposò il 26 giugno 1745
donna Elisabetta Visconti Borromeo Arese. L’opera, olio su tela,
è collocata nell’ala di ponente ed è datata sec. XVIII,
ha dimensioni di cm 76x92 e l’autore è un anonimo di scuola
lombarda.
Il secondo quadro restaurato è l’olio su
tela del sec. XVI, "L’arca di Noè" di autore ignoto,
le sue misure sono di cm. 143x110 ed è collocato nell’ala
di ponente. Il dipinto rappresenta l’imbarco di numerosi animali
sull’arca di Noè, con in primo piano personaggi che chiacchierano
e assistono alla scena. Sullo sfondo sono presenti edifici di stile
nordico e in alto sulla sinistra è raffigurato il Creatore
al centro di una nuvola.
Sabato 10 novembre, l’attesa presentazione da parte
dell’esperto restauratore Luca Quartana di Milano, di due statue
lignee del XV e XVII secolo, raffiguranti S. Francesco e un vescovo
che, a detta del restauratore potrebbe raffigurare Sant’Ambrogio.
L’intervento di restauro conservativo è durato più
di cinque mesi ed è consistito nella pulitura, utilizzando
tecnologia laser; nel consolidamento, con infiltrazioni di rsina
acrilica e applicazione di resine che toniche; nella reintegrazione,
mediante ricostruzione delle parti erose; nella stuccatura e chiusura
dei fori, con cera solida incolore.
La statua di S. Francesco è monocromatica
ed è alta cm 92, mentre quella raffigurante il vescovo è
policroma ed è alta cm 30. Ambedue sono collocate nella biblioteca
del castello, situata nell’ala di levante.
Luca Quartana non ha mancato di sottolineare la
necessità di procedere al restauro di altre opere lignee
presenti nel castello, che abbisognano di interventi urgenti.
Gli "Amici del castello e dei suoi musei"
promettono di continuare in questo loro impegno, ma in considerazione
degli elevati costi del restauro, si augurano di raccogliere sponsorizzazioni
che consentano di intervenire in modo più ampio sul patrimonio
artistico del nostro museo storico, che attende "impaziente"
di essere recuperato.
Antonio Saletta
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Appunti di storia locale
Frate "volontario" vittima
della peste
I santangiolini appassionati delle
vicende storiche riguardanti la loro comunità, sono grati
a Giuseppe Pratissoli che nell’edizione del 18 agosto u.s. de "Il
Cittadino", in un articolo intitolato I promessi Sposi e
il Sudmilano, ha riferito di un personaggio nato a Sant’Angelo
Lodigiano e morto a causa della peste mentre si dedicava al soccorso
dei colpiti dalla terribile epidemia che ha devastato Milano nel
1630. Il Pratissoli ha tratto l’episodio dal testo di Carmelo di
Concenedo La peste va servendo.Milano, 1630 in I Martiri
Carmelitani del Gentilino, Pessano 2000.
Alessandro Manzoni nel suo romanzo
I Promessi Sposi ha descritto con crudo realismo l’immagine
di disperazione che apparve a Renzo quando varcò la soglia
del Lazzaretto di Porta Orinetale, con il recinto ormai insufficiente
a raccolgliere gli appestati che vagavano in cerca di rifugio.
A seguito di questa alla rmante situazione,
il governatore di Milano fu costretto ad aprire un nuovo spazio
da destinare a Lazzaretto ubicato a San Rocco al Gentilino, fuori
di porta Ludovica, un luogo che durante la peste del 1524 era già
stato adubuto a questo scopo. Ad assistere ed a portare conforto
agli ammalati nel Lazzaretto di Porta Orientale furono i Padri Cappuccini,
mentre nel Lazzaretto del Gentilino prestarono la loro opera di
solidarietà gli appartenenti ai Carmelitani Scalzi, alcuni
dei quali morirono contagiati dal morbo pestilenziale.
Fra i religiosi di quest’Ordine va
in cluso il santangiolino fra Teofilo di S. Caterina, al secolo
Giovanni Battista Giotti, che trasferitosi in giovane età
per motivi di stdio, al Carmelo di Milano, scelse di entrare nella
Congregazione vestendo l’abito religioso nel convento di S. Carlo
all’età di vent’anni, consacrato il 26 maggio 1630, dopo
un solo anno di noviziato.
Come tuti i Carmelitani el convento
di Milano, fra Teofilo si mise completamente a disposizione dei
superiori per l’assistenza agli appestati del Gentilino, ed il uo
incarico fu quello di tenere i collegamenti fra il convento e il
Lazzaretto. Questo suo impegno durò ben poco, perché
il 17 agosto 1630, fu contagiato dalla peste morendo quattro giorni
più tardi.
E’ questo un personaggio che merita
di entrare a pieno titolo nella storia della nostra borgata, capostipite
di quella schiera di uomini e donne santangiolini che, nel corso
degli anni, si sono guadagnati la fama di "volontari"
per eccellenza.
Antonio Saletta
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