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ANNO 6 - N.1 (Versione web - anno 3 n.1) NUOVA SERIE FEBBRAIO 2002

Riordinato l’Archivio Parrocchiale

Don Giulio Mosca, curatore dell’archivio, ha presentato la ricchissima raccolta di documenti ad un foltissimo e assorto pubblico

"La storia nazionale o dei grandi personaggi, come quella locale, anche della più piccola comunità, non si può fare con i "se" e con i "ma" : è prima di tutto necessario che si fondi sui documenti". Così Ferruccio Pallavera, direttore del "Cittadino", ha esordito, nel suo intervento alla presentazione dell’Archivio parrochiale di Sant’Angelo, riordinato dopo un anno di lavoro certosino da don Giulio Mosca: il "Signore degli archivi", potremmo definirlo, visto che ne ha ordinati ben altri 28 in tutto il Lodigiano, raggiungendo, crediamo, un’ ineguagliato primato.
Sacerdote di ampia cultura e vasta erudizione, autore di una ventina di pubblicazioni non solo di storia locale, in lingua italiana e spagnola, ha alle spalle, come egli stesso ha ricordato, una lunga esperienza pastorale e missionaria in America Latina, dove, peraltro, un suo volume, curato per la Conferenza episcopale, ha venduto più di 230.000 copie.
Il settantacinquenne don Giulio, ormai in pensione, si è stabilito a Sant’Angelo fungendo da collaboratore della parrocchia di residenza. Il prevosto don Carlo Ferrari, come ha tenuto a dire nella presentazione della serata, ha colto subito l’opportunità per affidare ad un esperto tanto valente, la cura dell’Archivio storico di Sant’Angelo, bisognoso ormai da anni di un riordino e di una nuova sistemazione.

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Che cosa sia un archivio parrocchiale e quale sia la consistenza di quello santangiolino, lo ha spiegato bene don Giulio Mosca nel resoconto del lavoro da lui compiuto e nella visita guidata ai 180 documenti particolarmente significativi o curiosi esposti nella mostra che ha fatto da ricca e interessante cornice alla serata.
Con il Concilio di Trento, nella seconda metà del XVI secolo, fu fatto obbligo alle parrocchie di tenere un archivio dove raccogliere e conservare tutti i documenti relativi alla vita religiosa della comunità. Così nel corso dei secoli la quantità di documenti raccolti è stata enorme. Essa tocca tutti gli aspetti della vita della comunità. Basti pensare che nello Stato delle anime erano raccolte annualmente notizie sulla condizione di tutte le famiglie della comunità, strada per strada, mentre l’anagrafe civile in Italia è stata istituita solo dal 1865. Per chi volesse perciò ricostruire la storia della propria famiglia prima di quest’ultima data ha come unica e preziosa fonte lo Stato d’anime conservato nell’Archivio parrocchiale.

Come ha sottolineato lo stesso Don Giulio, in questi libri e in altri documenti si trovano tracce significative anche dei famosi Barasa, la mitica famiglia santangiolina tanto cara alla nostra comunità, e che potrebbero gettare nuova luce sulla vera storia di quella storica "dinastia". Ma insieme ai fondamentali libri dello Stato d’ anime, vi sono numerosissimi altri documenti dai quali, chiunque voglia fare la storia del paese, non può assolutamente prescindere e che riguardano la Fabbriceria della chiesa, le Pie Società, le Confraternite, le Associazioni, le Società di Mutuo soccorso ottocentesche, ma anche interessanti corrispondenze fra il Prevosto e le autorità civili, particolarmente ricche per la seconda metà dell’Ottocento, quando era parroco mons. Bassano Dedè, scomparso nel 1892, a cui si deve il primo importante riordino dell’archivio, e che da solo ha raccolto documentazione che riempie da sola ben dieci falconi. Ma documentazione altrettanto interessante è stata raccolta per la storia della prima metà del ‘900, su organizzazioni sociali e religiose fino agli eventi della seconda guerra mondiale e del periodo resistenziale, dai quali emerge con maggiori particolari tutta l’opera, perfino eroica, svolta da don Nicola De Martino negli anni dell’occupazione nazista.

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Accanto a questi documenti, sono poi conservati preziosi messali e volumi di musiche sacre, alcuni dei quali esposti nella mostra. Dei semplici dati possono da soli testimoniare la ricchezza del nostro archivio: 413 faldoni contenenti ognuno centinaia di documenti, raccolti in scaffalature lunghe circa 60 metri. Il documento più antico risale al 1386 (nel Lodigiano, solo a Codogno ce n’è uno ancora più antico, ha ricordato Don Giulio), mentre quasi niente vi è invece sul ‘400. Sono invece conservate in buon numero le pergamene del ‘500, e dal ‘ 600 i documenti raccolti sono tanti da consentire di ricostruire anche la storia delle singole famiglie, oltre che dell’intera comunità.
Ora si pone il problema, come è stato ricordato, della consultabilità di questi documenti che dovrebbero servire a studiosi, studenti e appassionati per approfondire la conoscenza delle vicende storiche della nostra comunità e arricchirne così la memoria del suo passato: condizione indispensabile per comprendere meglio il nostro presente. Per l’accesso, consentito per appuntamento, si potrà per il momento contare unicamente sulla disponibilità di volontari qualificati che conoscano l’archivio e possano assistere gli eventuali visitatori.
In chiusura di serata, l’assessore provinciale alla cultura Nalbone oltre a portare i saluti della Provincia e il suo apprezzamento per questa iniziativa, ha colto l’occasione per illustrare brevemente le iniziative culturali messe in campo a livello provinciale per una migliore conoscenza del territorio lodigiano e per la valorizzazione del suo patrimonio artistico e culturale.
Numerosissimo, come si è accennato, il pubblico che, presso la sala riunioni della Casa parrocchiale, ha seguito con molta attenzione gli interventi dei relatori e ha visitato poi i diversi comparti della mostra, allestita grazie alla preziosa collaborazione di Antonio Saletta e dell’arch. Beppe Roberti, a cui sono andati i ringraziamenti di don Giulio e la gratitudine degli utenti.

 


Angelo Montenegro

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