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IL PONTE
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auto d'epoca

ANNO 7 - N. 1 (Versione web - anno 4 n.1) NUOVA SERIE FEBBRAIO 2003

Passioni e collezioni barasine

I fratelli Ferrari

e le auto d’epoca

Imboccata la salita di via Cavour, lasciando sulla destra la chiesa di San Rocco, sul lato opposto si apre il grande cortile dei fratelli Ferrari. Il nevischio affonda nelle ossa, nella corte c'è una Jaguar. Il motore in bella vista e le mani di Peppino Ferrari, il primo dei quattro fratelli, alle prese con fili elettrici e una batteria. Prova e riprova, sta cercando di metterla in moto. E' il primo impatto, decisamente significativo, con una famiglia che è conosciuta, ben oltre Sant'Angelo, per la passione che riversa, da oltre 50 anni, nelle auto d'epoca. Prima il padre, Basilio, poi i quattro figli, che da una decina d'anni hanno trasformato in un lavoro vero, quello che fino ad allora era un amore viscerale per le belle macchine.

   Al caldo di un camino Peppino parla volentieri: fuori il freddo invade la corte, tra oche e qualche gallina. Sulla strada le auto sfrecciano veloci, dentro invece regna la tranquillità.

   Peppino, 55 anni, racconta la storia di famiglia. Il padre Basilio, classe 1917, era nato a Sant’Angelo in via Madre Cabrini. Internato come prigioniero in Germania, tornò a Sant’Angelo nel 1946 e sposò, l’anno dopo, Paolina Rognoni anche lei di Sant'Angelo. Gli altri figli, Mario 53 anni, Sandro 51 e Antonio, il più giovane, 41 anni, a turno entrano nella stanza, dove un gran tavolo ospita decine e decine di fotografie d'auto, motocarri e motorette.

 

Allora Peppino, la passione per le auto d'epoca nasce da lontano tra i Ferrari. E' stato suo padre Basilio  a dare il via, vero?

«Si, mio padre faceva il pollivendolo, ma aveva una gran passione per le macchine, quelle sportive. Cominciò intorno agli anni '50. Prima non c'era modo di averne,  anche perché di auto normali ne giravano davvero poche, giusto qualche “tilè” poteva permettersele. Per non parlare delle auto sportive, che addirittura, prima della guerra, venivano tagliate a metà per farne dei furgoni. Nessuno però nella famiglia di mio padre aveva, tranne lui, questa passione per le belle auto».

 

Scusi, e allora con chi la condivideva?

«Con gli amici, come i fratelli Guerrino e Gerolamo Arrigoni, che abitavano vicino a noi, in via Mazzini. Poi c'era Santino Sali, più giovane di 10 anni, che nel ‘55 addirittura, con mio padre, si iscrisse alla Mille Miglia, con il 1900 Super Alfa Romeo. Ma in famiglia si opposero praticamente tutti, e non ci andarono. Era una corsa molto bella, ma pericolosa».

 

Praticamente voi siete cresciuti tra le auto.

«Si, e abbiamo davvero tanti ricordi. Il 1900 Alfa mio padre lo comprò usato, per 50mila lire, dal direttore del Cotonificio di Lombardia. Noi lo usavamo un po' tutti, ma in cortile, perché non avevamo ancora l'età per guidare. Una volta però uscimmo per strada. E ci beccarono subito».

 

Anche voi quindi avete coltivato questa passione sin da piccoli. C'è qualche modello che vi è rimasto particolarmente impresso?

«Sicuramente una Maserati 2000, portata a S.Angelo direttamente dall'autodromo di Modena da Achille Bianchi. Oggi questa auto è introvabile, è davvero un pezzo d'epoca. E poi un'altra: gli Arrigoni avevano preso una berlinetta da corsa, una 8 V Fiat 2000. Quando l'accendevano, noi uscivamo tutti a guardare, perché faceva un gran rombo».

 

Una curiosità: ma quante auto passarono per le mani di vostro padre? Era così innamorato dei motori?

«Ne avrà cambiate un centinaio, compresi i camioncini da lavoro. Comprava un’auto, la teneva un po', anche pochi mesi, poi quando ne vedeva una più bella, vendeva la prima e comprava quella. Ma agli inizi, negli anni '50 e '60, non si parlava ancora d'auto d'epoca. Il boom cominciò dal 1970. Purtroppo nostro padre morì pochi anni dopo, nel 1978».

 

Però vi ha lasciato l'amore per le auto d'epoca. Un bel ricordo direi. Qual è la prima auto che acquistò lei Peppino?

«Tutte le auto sono dei quattro fratelli, in comproprietà. La prima la comprammo nel 1963, con i nostri soldi. Tutti, una volta finite le medie, a 13-14 anni, siamo entrati nell'azienda di famiglia. Comunque, comprammo una Giulietta Sprint del 1958, a Milano, per 150mila lire».

 

Ma, per i fratelli Ferrari, quando vale la pena comprare un’auto d'epoca?

«Una macchina è di valore non solo per l'età, ma anche perché ha avuto una storia, o perché ha gareggiato, o ancora perché il proprietario era una persona famosa, importante. Che ne so, per esempio l'auto del Duce, o del Papa».

 
Peppino Ferrari, nel giugno '86 a Monza, con una antica BMW

Mi vuol dire che avete avuto anche auto di queste persone?

«Abbiamo avuto la macchina di Celentano, una Thunderbird, circa 10 anni fa. Era americana. L'abbiamo saputo dopo che era sua, quando, una volta acquistata, guardando sul libretto c'era il nome di Celentano e l'indirizzo. Poi l'abbiamo scambiata con un appassionato di Milano».

 

Quindi non solo compravendite, ma anche scambi. Funziona così nel settore?

«Abbiamo persino scambiato, negli anni 70, una Abarth da corsa con un cavallo per i bambini. Ma la macchina più famosa è stata la Aurelia B 24 del film di Dino Risi “Il Sorpasso”, quella che usò Gassman.   Poi abbiamo avuto anche le auto dei grandi personaggi della finanza, di Carlo Erba, dell’editore Rusconi. Tutte Mercedes».

 

Torniamo a voi. Come avete trasformato la passione per le auto d'epoca in un vero e proprio lavoro?

«Dal 1991 abbiamo dovuto inventarci questa professione, la compravendita d'auto d'epoca.  Dal 1988 infatti abbiamo smesso di commerciare pollame. Questo noi sappiamo fare, intendo dire che i quattro fratelli Ferrari sono sempre stati insieme. Ma prima che commercianti, siamo e restiamo degli appassionati, anche se il sogno un po' è svanito, perché mischiato alle necessità del lavoro».

 

Quali sono i vostri mercati?

«I migliori sono in Olanda e Germania. Poi vendiamo anche agli inglesi, che praticamente hanno cominciato a capire il valore delle auto d'epoca 20 anni prima di noi. Dall'Inghilterra ci contattano tramite le inserzioni, con internet. Ci siamo fatti un nome, anche all'estero».

 

Un’ ultima domanda: tenete le auto tutte qui a San Rocco?

«Si, ci siamo trasferiti qui nel 1972. Questo è l'ex asilo Vigorelli. Scriva questo: trattiamo soprattutto Alfa e Lancia, e c'è una motivazione affettiva. L'Alfa è stata la prima casa importante a livello mondiale. Ha una storia perfino più interessante della Ferrari».

   Fuori il cielo si è schiarito. Un pallido sole tende i suoi raggi, a scaldare l'aria sferzata dal vento. Uscendo dal cortile vecchia maniera dei fratelli Ferrari ci si ritrova a ridosso della strada. E' tutto un brulicare di auto lì fuori. Ce ne sono anche dentro: ma hanno una storia e un'anima. Insomma, una questione di stile.

 

Lorenzo Rinaldi

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