Passioni e collezioni barasine I
fratelli Ferrari e
le auto d’epoca Al caldo di un camino Peppino
parla volentieri: fuori il freddo invade la corte, tra oche e qualche
gallina. Sulla strada le auto sfrecciano veloci, dentro invece regna
la tranquillità. Peppino, 55 anni, racconta la
storia di famiglia. Il padre Basilio, classe 1917, era nato a Sant’Angelo
in via Madre Cabrini. Internato come prigioniero in Germania, tornò
a Sant’Angelo nel 1946 e sposò, l’anno dopo, Paolina Rognoni anche
lei di Sant'Angelo. Gli altri figli, Mario 53 anni, Sandro 51 e Antonio,
il più giovane, 41 anni, a turno entrano nella stanza, dove un gran
tavolo ospita decine e decine di fotografie d'auto, motocarri e motorette.
Allora Peppino, la passione per le auto d'epoca nasce da lontano
tra i Ferrari. E' stato suo padre Basilio
a dare il via, vero? «Si, mio padre faceva il pollivendolo, ma aveva una gran passione per
le macchine, quelle sportive. Cominciò intorno agli anni '50. Prima
non c'era modo di averne, anche
perché di auto normali ne giravano davvero poche, giusto qualche “tilè”
poteva permettersele. Per non parlare delle auto sportive, che addirittura,
prima della guerra, venivano tagliate a metà per farne dei furgoni.
Nessuno però nella famiglia di mio padre aveva, tranne lui, questa
passione per le belle auto».
Scusi, e allora con chi la condivideva? «Con gli amici, come i fratelli Guerrino e Gerolamo Arrigoni, che abitavano
vicino a noi, in via Mazzini. Poi c'era Santino Sali, più giovane
di 10 anni, che nel ‘55 addirittura, con mio padre, si iscrisse alla
Mille Miglia, con il 1900 Super Alfa Romeo. Ma in famiglia si opposero
praticamente tutti, e non ci andarono. Era una corsa molto bella,
ma pericolosa».
Praticamente voi siete cresciuti tra le auto. «Si, e abbiamo davvero tanti ricordi. Il 1900 Alfa mio padre lo comprò
usato, per 50mila lire, dal direttore del Cotonificio di Lombardia.
Noi lo usavamo un po' tutti, ma in cortile, perché non avevamo ancora
l'età per guidare. Una volta però uscimmo per strada. E ci beccarono
subito».
Anche voi quindi avete coltivato questa passione sin da piccoli.
C'è qualche modello che vi è rimasto particolarmente impresso? «Sicuramente una Maserati 2000, portata a S.Angelo direttamente dall'autodromo
di Modena da Achille Bianchi. Oggi questa auto è introvabile, è davvero
un pezzo d'epoca. E poi un'altra: gli Arrigoni avevano preso una berlinetta
da corsa, una 8 V Fiat 2000. Quando l'accendevano, noi uscivamo tutti
a guardare, perché faceva un gran rombo».
Una curiosità: ma quante auto passarono per le mani di vostro
padre? Era così innamorato dei motori? «Ne avrà cambiate un centinaio, compresi i camioncini da lavoro. Comprava
un’auto, la teneva un po', anche pochi mesi, poi quando ne vedeva
una più bella, vendeva la prima e comprava quella. Ma agli inizi,
negli anni '50 e '60, non si parlava ancora d'auto d'epoca. Il boom
cominciò dal 1970. Purtroppo nostro padre morì pochi anni dopo, nel
1978».
Però vi ha lasciato l'amore per le auto d'epoca. Un bel ricordo
direi. Qual è la prima auto che acquistò lei Peppino? «Tutte le auto sono dei quattro fratelli, in comproprietà. La prima la
comprammo nel 1963, con i nostri soldi. Tutti, una volta finite le
medie, a 13-14 anni, siamo entrati nell'azienda di famiglia. Comunque,
comprammo una Giulietta Sprint del 1958, a Milano, per 150mila lire».
Ma, per i fratelli Ferrari, quando vale la pena comprare un’auto
d'epoca? «Una macchina è di valore non solo per l'età, ma anche perché ha avuto
una storia, o perché ha gareggiato, o ancora perché il proprietario
era una persona famosa, importante. Che ne so, per esempio l'auto
del Duce, o del Papa». Mi vuol dire che avete avuto anche auto di queste persone? «Abbiamo avuto la macchina di Celentano, una Thunderbird, circa 10 anni
fa. Era americana. L'abbiamo saputo dopo che era sua, quando, una
volta acquistata, guardando sul libretto c'era il nome di Celentano
e l'indirizzo. Poi l'abbiamo scambiata con un appassionato di Milano».
Quindi non solo compravendite, ma anche scambi. Funziona così
nel settore? «Abbiamo persino scambiato, negli anni 70, una Abarth da corsa con un
cavallo per i bambini. Ma la macchina più famosa è stata la Aurelia
B 24 del film di Dino Risi “Il Sorpasso”, quella che usò Gassman. Poi abbiamo avuto anche le auto dei grandi
personaggi della finanza, di Carlo Erba, dell’editore Rusconi. Tutte
Mercedes».
Torniamo a voi. Come avete trasformato la passione per le auto
d'epoca in un vero e proprio lavoro? «Dal 1991 abbiamo dovuto inventarci questa professione, la compravendita
d'auto d'epoca. Dal 1988 infatti
abbiamo smesso di commerciare pollame. Questo noi sappiamo fare, intendo
dire che i quattro fratelli Ferrari sono sempre stati insieme. Ma
prima che commercianti, siamo e restiamo degli appassionati, anche
se il sogno un po' è svanito, perché mischiato alle necessità del
lavoro».
Quali sono i vostri mercati? «I migliori sono in Olanda e Germania. Poi vendiamo anche agli inglesi,
che praticamente hanno cominciato a capire il valore delle auto d'epoca
20 anni prima di noi. Dall'Inghilterra ci contattano tramite le inserzioni,
con internet. Ci siamo fatti un nome, anche all'estero».
Un’ ultima domanda: tenete le auto tutte qui a San Rocco? «Si, ci siamo trasferiti qui nel 1972. Questo è l'ex asilo Vigorelli.
Scriva questo: trattiamo soprattutto Alfa e Lancia, e c'è una motivazione
affettiva. L'Alfa è stata la prima casa importante a livello mondiale.
Ha una storia perfino più interessante della Ferrari». Fuori il cielo si è schiarito.
Un pallido sole tende i suoi raggi, a scaldare l'aria sferzata dal
vento. Uscendo dal cortile vecchia maniera dei fratelli Ferrari ci
si ritrova a ridosso della strada. E' tutto un brulicare di auto lì
fuori. Ce ne sono anche dentro: ma hanno una storia e un'anima. Insomma,
una questione di stile.
Lorenzo Rinaldi |
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