ANNO 7 - N. 3 (Versione web - anno 4 n.3)
NUOVA SERIE GIUGNO 2003
A 220 anni dalla morte la Musellina
ricorda…
San
Benedetto Giuseppe Labre
e
il suo passaggio in Sant’Angelo
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L'affresco (ancora visibile alla Cascina Musellina)
raffigurante il Santo Giuseppe Benedetto Labre dipinto dal pittore
santangiolino Vittorio Toscani |
La mattina del 16 aprile 1783, mercoledì santo,
a Roma, un giovane mendicante, uno dei tanti che popolava
l’Urbe, crolla esanime sulla scalinata della chiesa della Madonna
dei Monti nella quale si era recato come d’abitudine a pregare. I
ragazzi del rione Monti corrono per le vie gridando a perdifiato,
quasi increduli dell’evento: “E’ morto il Santo! E’ morto il Santo!”
La
sua vita
Benedetto Giuseppe Labre nasce
il 26 marzo 1748a Saint Sulpice
d’Amettes (Artois) in Francia. Fin
dall’infanzia rivela una chiara inclinazione alla vita contemplativa
e alla penitenza. A dodici anni ha la vocazione per la vita consacrata
ma, dopo essere stato ammesso come probando (come persona che aspira
alla vita religiosa) nell’Abbazia Cistercense di Sette Fonti nel
Bordonese, ne esce
dopo pochi mesi perché assalito da indicibili tormenti spirituali
e in preda a un deperimento fisico che fa temere per la sua vita.
Rimessosi in salute, a vent’anni si fa pellegrino, ma non per il
gusto di viaggiare, conoscere città nuove e vibrare di nuove emozioni.
Spera soltanto di trovare asilo in uno dei numerosi conventi
di Trappisti; ma bussa invano a tutte le porte. Nessuno risponde.
Troppo giovane dapprima, poi troppo debole e di salute cagionevole.
Viene scambiato spesso per un ladro, ma
i penitenzieri dei santuari che ne raccolgono la confessione, sono
incantati, quasi abbagliati dalla luce interiore dei suoi discorsi.
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A chi gli porge una vivanda, non chiede che un sorso d’aceto: un
richiamo alla Passione di Gesù, al sacrificio della Croce. Cercano invano
di ospitarlo, di curarlo.
Incontra molte città, d’ogni
lingua, d’ogni importanza: in Italia, Francia, Spagna e Svizzera. Fra
tutti i santuari predilige Loreto e vi ritorna
più volte, ma sopra tutte elegge Roma a sua patria spirituale. Mendicante
povero, si comporta da gran signore con gli altri poveri e dona loro quanto
raccoglie in elemosina.
Ridotto
ormai all’assoluta indigenza muore il 16 aprile 1783 dopo aver compiuto
anche straordinari miracoli: viene sepolto dopo tre giorni di trionfali
onori nella chiesa della Madonna dei Monti dove ancor oggi si venerano
le sue spoglie e si trovano le reliquie (poverissime) di lui: la bisaccia
del pellegrino, una ciotola per sfamarsi, un camicione e un cappello.
Papa Pio IX lo beatificò il 7 maggio 1860 e Leone XIII lo canonizzò l’8
dicembre 1881.
Recentemente il Priore della Comunità di Bose,
Enzo Bianchi, ha scritto che un grande spirituale del nostro tempo affermò: “Se potessi interrogare un uomo, un uomo solo, sulla
preghiera e la vita interiore, non mi rivolgerei ad altri che a questo
strano pellegrino, a questo hippy della santità al cuore del secolo dei
lumi, a questo contemporaneo di Voltaire e di Robespierre, di Kant
e di Mozart, a questo vagabondo delle strade d’Europa”.
Il
passaggio a Sant’Angelo
Percorrendo la via
Francigena (o Romea), San Benedetto Giuseppe Labre all’età di 22 anni, nell’autunno del 1770, sostò a Sant’Angelo nella cascina Musellina
dalla famiglia Fermo Savarè e Maria Rancati, genitori di Padre Domenico Savarè,
la cui nascita, secondo tradizione, fu profetizzata alla madre dal Santo
stesso.
La contessa Adelasia Attendolo Bolognini
… soleva raccontare che la sua mamma, contessa Castiglioni
Attendolo Bolognini, assai spesso le affermava
di aver visto passare per Sant’Angelo un giovane
pellegrino in aria da pitocco, che la ragazzaglia gli correva dietro vociando,
lo scherniva e gli gettava addosso la mota, e
che dopo pochi anni aveva sentito dire che era morto a Roma in odore di
santità, concludendo come lezione di morale alla fanciulla esortandola
a rispettare i pezzenti ed i poveri quantunque in malo arnese, perché,
di frequente, sotto spoglie cenciose si nascondono anime sante.
La lapide commemorativa |
Il reverendo Padre don Domenico Savarè
di Sant’Angelo, Procuratore della Congregazione
dei Padri Somaschi in Roma (S. Alessio), fondatore
dell’Orfanotrofio “S. Giuseppe” in Sant’Angelo
(unitamente al sacerdote don Pietro Bergamaschi) scriveva da Roma il 19
dicembre 1881 alla sua cugina Luigia Savarè,
questa lettera: “Riceverai l’immagine di S. Benedetto Giuseppe Labre,
or ora canonizzato. Noi dobbiamo avere particolare devozione a
lui e venerarlo come particolare protettore, perché facendo egli il pellegrinaggio
a piedi dalla Francia a Roma, ha scelta e distinta
fra tante cascine la nostra cara e piccola Musellina,
in dove siamo nati noi, ed ha favorito della sua visita celestiale la
famiglia dei nostri poveri vecchi. Me lo diceva sempre il povero papà
Fermino e mi diede anche una volta a leggere la sua vita, e mi diceva
che i nostri nonni per la loro carità ricevevano sempre i viandanti, ebbero
così questa bella avventura di accogliere quel pellegrino francese e dargli
il cibo e fargli il letto colla paglia, ed egli benediva i figli ed i
contadini (…)” (cfr. Giovanni Pedrazzini Sobacchi – Archivio Storico Lodigiano, anni ’30).
Sant'
Angelo Lodigiano, 15 aprile 1883
Nell’aprile 1883 si tennero a Sant’Angelo
diverse feste religiose in suo onore, con l’esposizione, in Parrocchia
di una reliquia del Santo.
Anche la Società Cattolica di Mutuo
Soccorso (la prima sorta in Diocesi nel 1881) nel solennizzare la
festa del suo patrono San Giuseppe e l’anniversario della fondazione,
volle caratterizzare tale festa ricordando anche il Santo Benedetto
Giuseppe Labre il 15 aprile 1883, sia
per la sua venuta a Sant’Angelo che per
il centenario della morte.
Ad onorare la giornata, vennero da Milano il marchese Vincenzo
Stanga (rappresentante del Comitato Regionale di Milano della
Società Operaia Cattolica) e il sacerdote don Carlo Bonaccina.
I soci operai col presidente Francesco
Altrocchi si raccolsero nel locale dell’Oratorio festivo di
San Bartolomeo per il pranzo di circa duecento coperti, tutto curato
dalla signora Virginia Cortese (donatrice, l’anno prima, della bandiera
della Società stessa).
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L'opuscolo distribuito
per la circostanza |
Indi si recarono in chiesa parrocchiale e poi ci fu un’adunanza
all’Oratorio di Santa Marta, dove parlarono il marchese Stanga sul ruolo
e sulla missione dell’operaio cattolico e don Bonaccina
che sottolineò lo spirito della festa.
Terminata l’adunanza, società, popolo e clero sfilarono dietro
la bandiera e la banda in lunghissima processione sino alla cascina Musellina, dove fra le più sonore e festose acclamazioni e
concerti musicali, si inaugurò l’affresco al
Santo Labre, dipinto dal pittore Vittorio Toscani (figlio del bravo
decoratore Giuseppe) ed una lapide commemorativa posta dal parroco mons.
Bassano Dedè.
I paesi circostanti si erano letteralmente riversati in Sant’Angelo e le cronache riportavano che alla Musellina si vedeva gente fin sui tetti e sulle piante, tanto
era l’entusiasmo per l’avvenimento.
Si può sottolineare che fin d’allora Sant’Angelo Lodigiano era affezionato al Santo pellegrino
Labre, e ancora oggi è un dovere ricordarlo.
Achille
Ferrari
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