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ANNO 7 - N. 3 (Versione web - anno 4 n.3) NUOVA SERIE GIUGNO 2003

Gruppi di acquisto solidale
per costruire lo sviluppo

 

La “Bottega del Mondo” di Sant’Angelo è ormai un punto di riferimento per molti, anche per Chiara e Romolo Macchetta, referenti di Miradolo per il gruppo di acquisto solidale del Lodigiano. I coniugi Macchetta conoscono il commercio equo e solidale già dalla metà degli anni ‘90, quando sul territorio era presente solo una bottega a Lodi, e hanno deciso di espandere il consumo etico unendosi ad altre famiglie del Lodigiano.

Un gruppo di acquisto solidale (Gas) è formato da un insieme di persone che decidono di acquistare all'ingrosso prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro. Questo modo di organizzarsi utilizza il concetto di solidarietà estesa ai piccoli produttori italiani, fino a comprendere il rispetto dell'ambiente ed i popoli del sud del mondo che, a causa della ingiusta ripartizione delle ricchezze, subiscono le conseguenze dell’attuale modello di sviluppo.

Signor Macchetta, come avete deciso di aderire agli ideali del consumo etico?

«È stato molto graduale, qualche anno fa abbiamo avuto la fortuna di ascoltare padre Zanotelli che aveva parlato in modo molto incisivo dello sfruttamento del nord nei confronti del sud del mondo. Per noi che tutto sommato abbiamo la fortuna di poter scegliere cosa consumare e ristabilire una certa giustizia, il commercio equo è una delle strade, forse la strada privilegiata per fare qualcosa di concreto».

In termini economici, è conveniente per una famiglia passare all’acquisto solidale?

«Forse non sono convenienti rispetto a quelli del supermercato, ma a noi non sembra che incida sul bilancio famigliare il fatto di acquistare i prodotti del commercio equo. E comunque il fatto di non andare al supermercato a fare la spesa, o di andarci molto meno di prima, vuol dire che non vedi un sacco di prodotti inutili e non li compri, per cui in effetti sul piatto della bilancia le due cose si compensano».

E riguardo la qualità?

«I nostri figli sapevano che venivamo a Sant’Angelo stamattina e finiva l’ultimo pacchetto di biscotti, quindi ci hanno fatto la lista della spesa: i biscotti, la frutta secca… se piace ai nostri figli vuol dire che la qualità è ottima. E comunque, parliamoci chiaramente: noi non siamo nelle condizioni di dover misurare la spesa per quello che mangiamo; quello che tendiamo a risparmiare nella pasta, nel riso, nei generi di prima necessità lo spendiamo in cose che spesso sono inutili o superflue, non dobbiamo risparmiare perché se no non ce la facciamo a tirare avanti. Perciò si tratta solo di scegliere di non avere il rapporto prezzo/prestazioni come unico criterio, e se qualcosa ci costa anche di più, ma ci sono dei motivi che ci portano ad una scelta, allora la facciamo comunque. E i motivi possono essere etici, di qualità ecc.».

Si parla di un’educazione al consumo. Deve essere una prerogativa o può avvenire con la conoscenza di questi prodotti?

«Può avvenire prima: bisogna fare la scelta in base alle motivazioni; e poi durante… l’appetito vien mangiando! E comunque il fatto delle motivazioni è tanto rilevante se si  deve andare a Lodi per fare la spesa. Ma se i punti di diffusione sono più sparsi sul territorio, come c’è adesso la bottega a Sant’Angelo, è molto più facile; le motivazioni ci sono se c’è anche la possibilità di scegliere. Anche il fatto che molti prodotti si possono trovare nei supermercati può essere utile».

E il boicottaggio?

«È uno strumento che nella nostra società dei consumi può essere molto incisivo. Noi seguiamo attivamente il boicottaggio di alcune note società multinazionali. Per noi adulti è più facile rinunciare all’acquisto di certi prodotti. Con i figli è più difficile, si cerca di mediare cercando di far capire che quella marca non si prende perché dietro c’è lo sfruttamento, oppure altre cose che non vanno bene. Questa è anche un’opera educativa».

Uno degli scopi del commercio equo è stimolare le istituzioni a compiere scelte economiche in favore dei piccoli produttori. Avete osservato movimenti in queste direzioni?

«Il fatto che certi prodotti siano entrati nei supermercati vuol dire che i consumatori sono presi in considerazione, per cui se fanno delle richieste, chi immette i prodotti sul mercato è attento ad adeguarsi; sicuramente negli ultimi anni c’è stato uno sviluppo notevole. Per i regali nell’ultimo Natale ci sembra che ci sia stata un’esplosione dell’acquisto dei prodotti del commercio equo. Parlavo con un’amica: mi diceva che non si può fare, siamo una goccia nel mare… però secondo me qualcosa cambia, perché le gocce diventano sempre di più e riescono a influire».

Vedendo anche il buon successo del negozio di Sant’Angelo, secondo voi è in atto una reale sensibilizzazione?

«Secondo noi sì, perché come dicevamo prima le motivazioni contano prima di tutto. È inevitabile prendere coscienza che come consumatori abbiamo un potere e che bene o male lo esercitiamo; se non lo esercitiamo in modo critico, lo esercitiamo male. Se invece lo esercitiamo in modo critico, allora possiamo incidere su alcune scelte anche a livello internazionale».

Cosa comporta, a livello organizzativo, il vostro ruolo di referenti?

«Come “Gas” abbiamo fatto innanzitutto una scelta: quando un prodotto è disponibile nel circuito del commercio equo, noi non lo cerchiamo altrove; per gli altri prodotti, invece, nel gruppo c’è chi fa da tramite con il produttore, gestisce l’ordine per posta elettronica o per telefono e ritira la merce che poi i singoli referenti di zona distribuiscono. Abbiamo anche allacciato rapporti di collaborazione con un’azienda agricola del piacentino, di produzione biologica: questa fa avere ogni quindici giorni il formaggio a una piccola gastronomia di Lodi che fa da intermediario con un piccolo ricarico, accettabile in termini di prezzo. Il fatto di avere dei riferimenti in negozi potrebbe permettere una maggior praticità ed espansione».

Non solo negozi dell’equo e solidale, quindi…

«Anche altri negozianti, sensibili e disponibili. I “Gas” possono appoggiarsi a strutture non necessariamente vincolate all’equo e solidale. Anche qui la cosa va di pari passo: il fatto che aumenti la richiesta delle persone che cercano di usufruire di questa opportunità, fa sì che la cosa possa diventare interessante anche per un negoziante che vive di questo lavoro e deve avere giustamente un ritorno economico».

Giuseppe Sommariva

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