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Riccardo Morzenti Monte Vodice prima guerra mondiale


ANNO 7 - N. 5 (Versione web - anno 4 n.5) NUOVA SERIE NOVEMBRE 2003


Diciassettenne, era fuggito di casa per arruolarsi volontario

Riccardo Morzenti
eroe della "grande guerra"

Nel corso della "prima guerra mondiale", furono parecchi i soldati santangiolini caduti in combattimento, ai quali sono state conferite medaglie al Valor Militare per i loro atti di eroismo.
Alle medaglie d'argento Stefano Furiosi e a Michelangelo Vignali solo nel 1979 sono state dedicate vie cittadine, mentre a Riccardo Morzenti, a pochi anni dalla morte, sono state intitolate la scuola elementare nel 1927 e la via in cui abitava nel 1931.
Queste tempestive deliberazioni dell'amministrazione comunale intendevano sottolineare la riconoscenza della comunità santangiolina per l'eroico gesto del giovane soldato, morto in combattimento sul Monte Vodice il 18 maggio 1917.
Nell'atrio d'ingresso della scuola elementare che porta il suo nome è posto un bassorilievo di bronzo che lo raffigura e una lapide, le cui parole sono esplicative dei sentimenti che hanno animato i concittadini in quel particolare momento storico: "Riccardo Morzenti, Sotto Tenente IV Alpini, Medaglia d'Argento, quale eroe del primo Risorgimento, diciassettenne sotto mentito nome, sui contesi confini combatteva, la fiorente giovinezza immolava alla Patria. Vodice XVIII-V-MCMXVII. Perché il ricordo si eterni fra le generazioni rinnovantisi e loro apprenda come per l'Italia si operi e si muoia".
La vicenda di questo giovane soldato, ancora oggi, ha il sapore di un'epica avventura che desideriamo raccontare, premettendo alcune notizie sulla sua famiglia, che è da annoverare fra quelle più importanti della nostra borgata.

riccardo morzenti alpino
Riccardo Morzenti
con la divisa da alpino

La famiglia

Gli avi paterni dei Morzenti scesero dalla Val di Scalve nell'Alta Bergamasca sulla metà del 1800, alla pianura lodigiana",, così scriveva lo storico Giovanni Pedrazzini Sobacchi nel 1929.
Angelo, il nonno di Riccardo, di professione macchinista meccanico, sposò il 24 novembre 1863 a Villanterio l'insegnante Luisa Corneliani e venne ad abitare a Sant'Angelo, dove si sarebbe dedicato alla fabbricazione e all'impianto di pompe idrauliche e alla costruzione di macchine per la trebbiatura del grano.
I Morzenti iniziarono la loro attività in un piccolo locale, di proprietà Bondioli, in Borgo Santa Maria, trasferendosi poi alla Vignola in via della Fiera, sotto un portico, ove più tardi sarebbero sorti l'abitazione e l'officina.
Dal matrimonio di Angelo nacquero tre figli: Ottorino, Ubaldo e Giuseppe. Ottorino sposò Margherita Monteverdi, ed ebbe due figli: Palmiro e Riccardo.
Riccardo Luigi Antonio Morzenti (questo il suo nome completo) nasce a Sant'Angelo Lodigiano il 15 giugno 1898 ed è battezzato il 18 giugno: così è certificato nel Libro dei Battesimi dell'Archivio parrocchiale.
Le cronache del tempo descrivono il giovane Riccardo "un bel giovanotto alto e robusto" che inizia a far parlare di sè nella primavera del 1915 quando, studente dell'istituto tecnico di Lodi, in testa ad una dimostrazione studentesca per sostenere l'intervento italiano contro l'Austria, viene aggredito da sostenitori dell'opposta fazione.
Ed è probabilmente in queste circostanze che Riccardo ha modo di conoscere Iride Corvi, una ragazza lodigiana accomunata dagli stessi ideali patriottici.
Con lei manterrà un intenso rapporto epistolare, che è stato acquisito dai nipoti, i quali, molto gentilmente, hanno consentito alla sua divulgazione.

Volontario sotto falso nome

Quando il 24 maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria, Riccardo Morzenti ha appena concluso l'anno scolastico abbreviato e immediatamente esterna il desiderio di partire per la guerra come volontario, suscitando l'inevitabile e categorico rifiuto dei familiari.
D'altra parte la sua domanda di ammissione non può essere accettata, non essendo ancora diciottenne, età minima richiesta per essere ammessi nell'esercito come volontari.
Tenta allora di arruolarsi, mentendo sull'anno di nascita, ma viene scoperto e rimandato a casa.
Non si scoraggia e tenta una seconda volta, con documenti falsi, di recarsi a Milano per essere accolto nei "Cacciatori delle Alpi" di stanza a Perugia. Squattrinato, si rivolgeva all'amica Iride supplicando un aiuto economico che gli verrà concesso, in cambio della promessa di aiuto per entrare nell'esercito come ausiliaria o crocerossina.
Riccardo partirà il 19 giugno dalla stazione di Lodi ed il giorno stesso è già di ritorno, perché al distretto militare, dopo essere stato dichiarato idoneo alla visita medica, viene scoperta la falsificazione dei documenti.
Consigliato dagli amici, Riccardo assume l'identità di un compagno di studi, Francesco Sottocasa di anni 18 e, finalmente a Pavia, viene accettato e inviato alla caserma Lamarmora di Torino dove indossa la divisa del 4° Bersaglieri. E' il 12 luglio 1915.
In una lettera del 29 luglio da Torino, indirizzata all'amica Iride, racconta la durissima vita di caserma "dove si lavora come forzati", in compagnia di giovani laureati provenienti dall'America, Francia, Inghilterra e Germania. Gli è stato comunicato che al fronte il suo compito sarebbe stato quello di vedetta e di esplorazione negli avamposti e la sua lettera informa che presto sarebbero stati chiamati alle armi la classe '96 e i riformati. "Non uno non andrà al fronte giacché sarà lunga la guerra. lo già faccio conto di non più ritornare...".".
Nel frattempo Iride, a cui si è unita la sorella Dirce, proseguono nell'aiuto materiale e morale a Riccardo, facendo da tramite con i familiari all'oscuro della destinazione del figlio.
L'espediente però sarebbe durato poco: il padre Ottorino giunto a Torino, si rende conto della ferma determinazione del figlio e desiste dal proposito di riportarlo a casa, strappandogli la promessa che una volta giunto al fronte avrebbe rivelato ai superiori la sua vera identità.
Il 2 agosto 1915, Riccardo parte con 120 bersaglieri per l'Isonzo. Lo stesso giorno scrive alle amiche lodigiane: "..Ricevete il saluto del partente, non dubitate io farò il mio dovere, ormai la vita non la conto più. ...Ricordatemi, amatemi. Se non ci rivediamo più, se dovrò morire consolate ve ne prego la mia mamma che è tanto afflitta".
Dalla zona di guerra, il 17 agosto, confida un suo atto di coraggio: "...Domenica notte vi fu una ricognizione per scoprire il nemico. Fummo scoperti e bersagliati in pieno, succedette un panico terribile, ebbene io che ero di vedetta sopra un'altura e le granate mi scoppiavano d'attorno rimasi al mio posto fino all'ordine di ritirata. Ebbi elogi da ufficiali e soldati....".
Riccardo rimarrà due mesi al fronte, fino a quando i superiori, venuti a conoscenza della sua vera identità, decidono il suo allontanamento dall'esercito.
Con grande rincrescimento torna a casa, riprendendo a frequentare il secondo anno di ragioneria all'Istituto tecnico di Lodi, nell'attesa di compiere i diciotto anni, che gli avrebbero permesso di soddisfare il suo desiderio.

Al fronte con gli Alpini

Nel maggio 1916, raggiunta l'età minima, si arruola nuovamente volontario, questa volta nel 4° Alpini, Battaglione Aosta.
Subito destinato alla zona di operazione, così comunica, il 18 luglio 1916: "...La notte del dieci attaccammo con otto battaglioni il nemico che oppose una resistenza accanitissima. …Avemmo circa mille uomini fuori combattimento mentre gli austriaci ebbero a soffrirne molto di più nei contrattacchi. Qui si combatte ogni giorno; ora ci siamo nuovamente spostati sul Monte Caldera...".


E ancora il 27 dello stesso mese: "Partii da Primidiano alle ore 17 del 25 con un treno speciale e giunsi a Marane (V. Adige) alle 4 del 26. Zaino in spalla e su; ora sono accampato a Passo Buole. Corre voce che dobbiamo nuovamente cambiare fronte. Qui l'Austria ha avuto una buona lezione giacché per un mese di continuo seppellirono cadaveri. Regna una calma relativa".
Da questo momento la corrispondenza con le benefattrici lodigiane Iride e Dirce, per motivi che non conosciamo, si interrompe.
Molto probabilmente il rapporto con Iride, la ragazza lodigiana, doveva essere andato oltre la semplice amicizia. Lo si deduce da una lettera in data 19 dicembre 1916 del fratello Palmiro, classe 1895, anch'egli sotto le armi in qualità di radiotelegrafista, che lo consiglia "data la sua giovane età" di interrompere la relazione.
Altre notizie le ricaviamo da un ritaglio di giornale, non ben identificato, del 17 luglio 1916, al quale Riccardo racconta la sua vita al fronte. Alla maniera di un reporter, descrive ai lettori, con dovizia di particolari, episodi dell'avanzata in Costa Alta nei pressi dell'Altipiano dei Sette Comuni e di "aver combattuto alla baionetta" provocando la fuga del nemico "che subisce molte perdite". In uno dei questi scontri, rimane ferito da una scheggia di granata, episodio che non gli impedisce di continuare a combattere. Commenta: "Siamo stanchi, magri e sporchi, ma ciò non conta, la vittoria ci arride!" e riporta l'incitamento del suo comandante a respingere il nemico "che calpesta ancora un breve tratto del nostro bei suolo".
prima guerra mondiale
La lapide e il bassorilievo
collocati nell'atrio
della scuola elementare
che porta il suo nome

Commoventi le parole conclusive, che possono essere considerate il suo testamento spirituale: "Ed io che della patria ho un culto, combatterò finché l'eterno e barbaro nemico non sarà scacciato definitivamente dal nostro sacro suolo. Dopo morrò contento, purché l'Italia viva libera ed una".
Mentre la guerra di trincea diventa sempre più cruenta con la perdita di migliaia soldati, il giovane santangiolino si distingue in operazioni ad alto rischio sfidando ogni pericolo. Apprezzato dai superiori per il coraggio e lo spirito di disciplina, viene promosso ufficiale.
Il 1917 fu l'anno in cui si combatterono le più sanguinose battaglie, fra le quali, la decima dell'Isonzo con la conquista del Monte Vodice. E' appunto su questa altura che Riccardo Morzenti, il 18 maggio, muore eroicamente.
Gli viene concessa, sul campo, la medaglia d'argento, con questa motivazione: "Ufficiale esploratore, essendogli stato ordinato di rimanere in riserva, chiedeva ed otteneva di partecipare all'attacco di forti posizioni nemiche. Giunto primo sulle trincee avversarie, sotto violentissimo fuoco con lancio di bombe a mano incoraggiava i suoi dipendenti ad avanzare, dando bella prova di coraggio, finché cadeva colpito a morte".
Il 7 giugno, nella chiesa parrocchiale di Sant'Angelo, viene celebrata, dal parroco mons. Domenico Mezzadri, una solenne Messa di suffragio alla presenza del dott. Cortese in rappresentanza del sindaco, degli assessori comunali, del sig. Angelo Pelli presidente del Comitato di assistenza civile e del prof. A. Marenduzzo preside dell'Istituto tecnico di Lodi. Rende gli onori militari una compagnia di soldati del presidio con alcuni ufficiali del Genio.
Sulla porta della chiesa viene posta la seguente epigrafe: "Dio nostro accolga in cielo l'anima eletta di Riccardo Morzenti sottotenente degli alpini, caduto gloriosamente combattendo per la Patria e per la libertà".

Antonio Saletta