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ANNO 7 - N. 5 (Versione web - anno 4 n.5) NUOVA SERIE NOVEMBRE 2003

2003: Anno
del Disabile

Cadono quotidianamente sotto il nostro sguardo e sollecitano in modi diversi la nostra attenzione, suscitando sentimenti spesso contrastanti. Sono le molte “diversità” degli esseri umani che popolano il mondo. Diversità di razza, di colore della pelle, di religione. Ma anche diversità di stato sociale e di cultura.
A queste abbiamo fatto, più o meno, l’abitudine, anche se non sempre le accettiamo.
C’è, invece, un tipo di diversità che, nella stragrande maggioranza dei casi, suscita in noi un senso di disagio, un disagio profondo. Lo suscitano in noi le persone che non sono dotate di alcune capacità che il resto del mondo giudica “normali”. Lo suscitano coloro che sono identificati come “disabili”.
Non riusciamo a pensare al disabile come ad una persona che è diversa da noi solo perché non possiede certe abilità di cui noi siamo abitualmente dotati. E ci dimentichiamo che invece ne possiede altre, magari affinate con l’esercizio e con il tempo, che sono di gran lunga superiori alle nostre.
Nasce da questa considerazione la straordinaria importanza della manifestazione che si è svolta a Sant’Angelo nello scorso ottobre e che si colloca nel solco delle iniziative che in tutta Europa si sono succedute per celebrare il 2003 come “Anno delle Persone Disabili”. E dalla riflessione sul successo dell’iniziativa nasce anche una semplice proposta: perché non istituzionalizzare tale evento? Potrebbe diventare infatti, anno dopo anno, un momento forte e caratterizzante dell’impegno alla sensibilizzazione su una tematica sociale, la disabilità appunto, che coinvolge da vicino anche le famiglie santangioline.
Tra i compiti delle istituzioni, al pari dell’amministrazione della cosa pubblica, vi è anche la promozione della crescita culturale, sociale e civile dei cittadini. La sensibilizzazione, che è strumento indispensabile per raggiungere questi obbiettivi, è un’attività che non produce risultati immediati e tangibili, ma che si affida alla perseveranza per dare il necessario sostegno alla crescita di una nuova cultura della disabilità basata su un diverso approccio, che deve partire dai giovani, da coloro cioè che in futuro dovranno raffrontarsi in maniera attiva con questa realtà.
Proprio con l’apertura ai giovani, per avvicinarli prima possibile alla realtà dei diversi e per renderli protagonisti in prima persona, la proposta di istituzionalizzazione della tre giorni dei disabili viene ad essere ulteriormente arricchita.
Le nuove generazioni saranno infatti chiamate, in un futuro che non è poi molto lontano, a governare gli eventi sociali in modo migliore di quanto si faccia oggi. E d’altra parte già oggi, le istituzioni agiscono con più efficacia a sostegno della disabilità, rispetto al passato. E’ una corsa al continuo e progressivo miglioramento delle prestazioni degli enti pubblici, corsa che deve avere una base solida per un approccio maturo e sensibile nei confronti della disabilità, che sappia andare oltre gli ostacoli fisici ma, soprattutto, mentali. E’ la costruzione di una cultura moderna, svincolata da pregiudizi, che si basi sulla piena integrazione del disabile nella società, senza però dimenticarne i limiti, ma, anzi, valorizzandone le particolari e differenti risorse.
Occorre creare, a tal fine, luoghi e momenti di riflessione, in cui formare gli amministratori di domani, mettendoli davanti ad una realtà chiara: oggi il disabile può avere un lavoro, può praticare sport, può avere una vita sociale perfettamente integrata. Oggi il disabile può e soprattutto deve disporre degli strumenti e dei mezzi necessari al superamento della disabilità, intesa come freno alla completa realizzazione dell’individuo. E’ un suo diritto.
La cortina di fumo in cui era avvolta la disabilità fino a pochi anni fa, e che purtroppo ancora oggi talvolta incombe, deve essere dissolta definitivamente. Per farlo occorre coltivare una cultura specifica, mirata allo scopo. Occorre seminare oggi nelle realtà locali per raccogliere domani i frutti su scala globale. Si tratta di un lavoro che deve essere portato avanti con coerenza e con costanza. Forse i risultati non sono dietro l’angolo, ma arriveranno.
Nel frattempo l’impegno delle istituzioni deve essere continuo. A Sant’Angelo ciò potrebbe essere tradotto nella volontà di dare un futuro alla tre giorni sulla disabilità, per mostrare al cittadino, soprattutto a quello di domani, che certamente non siamo tutti uguali, ma tutti possiamo fare di tutto. Ognuno con i propri limiti. L’importante è prenderne coscienza.
Alle istituzioni poi il compito di programmare i collegamenti tra la fase iniziale della sensibilizzazione e quella successiva della predisposizione di politiche mirate ad eliminare il divario tra il mondo dei normodotati e quello dei disabili. Un divario che non ha motivo di essere tale, e che la storia e il progresso umano, se di vero progresso si tratta, non potranno far altro che cancellare.

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