2003:
Anno
del Disabile
Cadono quotidianamente sotto il nostro sguardo
e sollecitano in modi diversi la nostra attenzione, suscitando
sentimenti spesso contrastanti. Sono le molte “diversità”
degli esseri umani che popolano il mondo. Diversità di
razza, di colore della pelle, di religione. Ma anche diversità
di stato sociale e di cultura.
A queste abbiamo fatto, più o meno, l’abitudine,
anche se non sempre le accettiamo.
C’è, invece, un tipo di diversità che, nella
stragrande maggioranza dei casi, suscita in noi un senso di
disagio, un disagio profondo. Lo suscitano in noi le persone
che non sono dotate di alcune capacità che il resto del
mondo giudica “normali”. Lo suscitano coloro che
sono identificati come “disabili”.
Non riusciamo a pensare al disabile come ad una persona che
è diversa da noi solo perché non possiede certe
abilità di cui noi siamo abitualmente dotati. E ci dimentichiamo
che invece ne possiede altre, magari affinate con l’esercizio
e con il tempo, che sono di gran lunga superiori alle nostre.
Nasce da questa considerazione la straordinaria importanza della
manifestazione che si è svolta a Sant’Angelo nello
scorso ottobre e che si colloca nel solco delle iniziative che
in tutta Europa si sono succedute per celebrare il 2003 come
“Anno delle Persone Disabili”. E dalla riflessione
sul successo dell’iniziativa nasce anche una semplice
proposta: perché non istituzionalizzare tale evento?
Potrebbe diventare infatti, anno dopo anno, un momento forte
e caratterizzante dell’impegno alla sensibilizzazione
su una tematica sociale, la disabilità appunto, che coinvolge
da vicino anche le famiglie santangioline.
Tra i compiti delle istituzioni, al pari dell’amministrazione
della cosa pubblica, vi è anche la promozione della crescita
culturale, sociale e civile dei cittadini. La sensibilizzazione,
che è strumento indispensabile per raggiungere questi
obbiettivi, è un’attività che non produce
risultati immediati e tangibili, ma che si affida alla perseveranza
per dare il necessario sostegno alla crescita di una nuova cultura
della disabilità basata su un diverso approccio, che
deve partire dai giovani, da coloro cioè che in futuro
dovranno raffrontarsi in maniera attiva con questa realtà.
Proprio con l’apertura ai giovani, per avvicinarli prima
possibile alla realtà dei diversi e per renderli protagonisti
in prima persona, la proposta di istituzionalizzazione della
tre giorni dei disabili viene ad essere ulteriormente arricchita.
Le nuove generazioni saranno infatti chiamate, in un futuro
che non è poi molto lontano, a governare gli eventi sociali
in modo migliore di quanto si faccia oggi. E d’altra parte
già oggi, le istituzioni agiscono con più efficacia
a sostegno della disabilità, rispetto al passato. E’
una corsa al continuo e progressivo miglioramento delle prestazioni
degli enti pubblici, corsa che deve avere una base solida per
un approccio maturo e sensibile nei confronti della disabilità,
che sappia andare oltre gli ostacoli fisici ma, soprattutto,
mentali. E’ la costruzione di una cultura moderna, svincolata
da pregiudizi, che si basi sulla piena integrazione del disabile
nella società, senza però dimenticarne i limiti,
ma, anzi, valorizzandone le particolari e differenti risorse.
Occorre creare, a tal fine, luoghi e momenti di riflessione,
in cui formare gli amministratori di domani, mettendoli davanti
ad una realtà chiara: oggi il disabile può avere
un lavoro, può praticare sport, può avere una
vita sociale perfettamente integrata. Oggi il disabile può
e soprattutto deve disporre degli strumenti e dei mezzi necessari
al superamento della disabilità, intesa come freno alla
completa realizzazione dell’individuo. E’ un suo
diritto.
La cortina di fumo in cui era avvolta la disabilità fino
a pochi anni fa, e che purtroppo ancora oggi talvolta incombe,
deve essere dissolta definitivamente. Per farlo occorre coltivare
una cultura specifica, mirata allo scopo. Occorre seminare oggi
nelle realtà locali per raccogliere domani i frutti su
scala globale. Si tratta di un lavoro che deve essere portato
avanti con coerenza e con costanza. Forse i risultati non sono
dietro l’angolo, ma arriveranno.
Nel frattempo l’impegno delle istituzioni deve essere
continuo. A Sant’Angelo ciò potrebbe essere tradotto
nella volontà di dare un futuro alla tre giorni sulla
disabilità, per mostrare al cittadino, soprattutto a
quello di domani, che certamente non siamo tutti uguali, ma
tutti possiamo fare di tutto. Ognuno con i propri limiti. L’importante
è prenderne coscienza.
Alle istituzioni poi il compito di programmare i collegamenti
tra la fase iniziale della sensibilizzazione e quella successiva
della predisposizione di politiche mirate ad eliminare il divario
tra il mondo dei normodotati e quello dei disabili. Un divario
che non ha motivo di essere tale, e che la storia e il progresso
umano, se di vero progresso si tratta, non potranno far altro
che cancellare. |
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