Anno 24 - N.2 Aprile 2020 |
Il vecchio e il nuovo mondo divisi da un nemico invisibile
Era la sera di giovedì 20 febbraio 2020 quando nell’ospedale di Codogno scattava il protocollo per un sospetto caso di Covid 19. Poche ore dopo, poco prima della 1 di venerdì 21 febbraio, Regione Lombardia confermava ufficialmente la notizia. Da quel momento la vita di tutti noi è cambiata. In prima battuta è cambiata per quanti abitano nei comuni della Bassa diventati, dal fine settimana di sabato 22 e domenica 23 febbraio, Zona rossa. E, una manciata di giorni dopo, i provvedimenti restrittivi si sono applicati all’intera Lombardia e a tutta Italia.
Mentre scrivo sono passati due mesi dalla sera del 20 febbraio. Due mesi nei quali il numero dei contagi ha subito una impennata e soprattutto, dopo i primi giorni, è iniziato il triste conteggio dei morti. In provincia di Lodi, alla data del 14 aprile 2020, i decessi riconducibili a Coronavirus hanno abbondantemente superato quota 550 (molti anziani e con patologie pregresse, ripetono da giorni i rappresentanti delle istituzioni, ma pur sempre persone aggiungiamo noi). È come se un paesino della Bassa fosse scomparso in poche settime. E i contagiati sono oltre 2500, tanti, su un popolazione che a livello provinciale conta 230mila abitanti.
Anche Sant’Angelo ha pagato un prezzo alto a un nemico che non vediamo, che non possiamo toccare e che forse per questo fa ancora più paura. I casi positivi nella nostra città sono largamente sopra i cento e in crescita giorno dopo giorno. E a questi si devono sommare i decessi, spesso di persone conosciute, che uno dopo l’altro ci hanno disorientato, afflitto, ci hanno fatto comprendere quanto siamo vulnerabili.
Monsignor Ermanno Livraghi ha parlato efficacemente di una Via Crucis in casa di riposo e proprio le strutture per anziani hanno sopportato un peso enorme in queste settimane. Così come questa emergenza si è scaricata sulle strutture sanitarie, sugli ospedali, sui medici di base.
Mentre il giornale è in chiusura (sarà pubblicato online non potendo distribuirlo) viviamo ancora in piena pandemia. E fatichiamo a farci una idea di come sarà la vita dopo il Covid.
Questa prova - perché di prova si tratta - ci ha piegato e ci costringe ogni giorno a fare i conti con noi stessi. Ma ci ha anche insegnato qualcosa. Ci ha insegnato, ad esempio, a riscoprire il valore della solidarietà: eravamo abituati a dare quasi per scontato il volontariato che permea il tessuto sociale nelle nostre comunità, ebbene proprio in questa occasione ci rendiamo conto di quale importanza assuma. Cosa sarebbe della nostra Sant’Angelo senza i tanti volontari e senza il lavoro prezioso delle parrocchie in aiuto agli ultimi? E non è forse un volontariato civico quello di quanti operano nell’amministrazione della città e che si sono trovati, da un giorno all’altro, a dover far fronte a un lavoro complesso e delicato, perché riguarda la vita e la dignità umana.
La pandemia ci ha portato a riflettere (almeno questo è l’auspicio) sul valore dei rapporti umani, delle relazioni quotidiane. Il distanziamento sociale, la quarantena preventiva, la necessità di restare chiusi nelle proprie case hanno reso evidente quanto fosse preziosa la “vita sociale” che tutti noi potevamo condurre prima della emergenza. Facciamone tesoro e valorizziamola quando tutto sarà finito.
E ancora. Nel “nuovo mondo”, anche nella nostra Sant’Angelo, proviamo a immaginare un nuovo modello economico e di sviluppo. Non si tratta di abbandonare quanto abbiamo costruito, ma di saperlo adattare alle esigenze mutate. E allora proviamo a rallentare e a riscoprire che anche l’economia deve avere un aspetto umano. Deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa.
Infine, ma non certamente ultimo per importanza, l’aspetto della salute. E dunque degli ospedali. In Lombardia abbiamo sicuramente una sanità di eccellenza, una delle migliori del Paese e d’Europa - e non oso immaginare cosa sarebbe successo se il virus avesse colpito in maniera così violenta altre regioni d’Italia - ma negli ultimi anni troppo spesso le parole d’ordine sono state “razionalizzazione” e “budget”, alla ricerca di una efficienza sfrenata. Le scelte conseguenti, adottate sui territori sovente con il beneplacito della politica locale, non sempre hanno ripagato in termini di servizi e di benessere, dobbiamo essere onesti e ammetterlo. Forse nel “nuovo mondo” anche su questo aspetto occorrerà avviare una riflessione.
Lorenzo Rinaldi
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Dal 1996 al servizio dei santangiolini
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Due settimane di febbre oscillante tra 37,5 e 39 °C, poi la telefonata al numero verde 800… la voce che dall’altra parte ti fa alcune domande ed alla fine ti dice: “Entro tre o quattro ore arriverà l’ambulanza per portarla in ospedale”. Oltre tre settimane di ricovero: i primi otto-dieci giorni passati immerso in un malessere estremo, con somministrazione di medicinali a raffica (di chissà quale genere) e siccome la situazione non migliora abbastanza, sotto ossigeno (non in terapia intensiva, però). Maschera completa per parte del giorno e per tutta la notte e poi il lento recupero, comunque con l’ausilio dell’ossigeno fino al penultimo giorno prima della dimissione.
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