Editoriale
Solo immigrati o nuovi barasini?
Negli ultimi quindici anni il tessuto sociale di Sant'Angelo
è mutato profondamente. L'origine del cambiamento
è stata la massiccia immigrazione, soprattutto da
paesi extracomunitari, che è iniziata con gli anni
Novanta e che ha influenzato profondamente la crescita della
popolazione. Oggi un santangiolino su dieci, o poco meno,
è originario dell'Europa dell'Est, del nord Africa
oppure del Sud America.
L'arrivo di cittadini con usi, costumi, tradizioni e religioni
molto diversi tra loro apre una prospettiva nuova per la
realtà di Sant'Angelo.
Da un lato si avvertono i problemi e le difficoltà
dell'accoglienza, dall'altro rimane un grosso punto interrogativo
legato alla effettiva integrazione tra i cittadini stranieri
e i santangiolini d'origine. Proprio quest'ultimo problema
desta le maggiori preoccupazioni: basta fare un giro per
Sant'Angelo e ci si accorge che gli immigrati sono un corpo
a sé stante, spesso diviso al suo interno in sottocomunità
il cui collante è il paese di origine.
L'aumento degli immigrati dunque non può più
essere visto come un fenomeno di passaggio tipico di una
società in rapida evoluzione.
A Sant'Angelo gli stranieri ci sono, sono residenti, sono
ormai un numero considerevole e vale dunque la pena di fare
qualche ragionamento su una realtà che spesso vive
ai margini.
Il punto di partenza è rappresentato dai numeri.
Al 13 ottobre, l'ufficio anagrafe del Comune contava 1.115
stranieri, per la maggior parte extracomunitari, tutti residenti
a Sant'Angelo.
Si possono contare ben 47 nazionalità diverse: i
più presenti sono i rumeni, ormai a quota 247, seguiti
dagli albanesi, che sono fermi a quota 193.
Ci sono poi i nordafricani: gli egiziani sono 136, i marocchini
106, i tunisini 45 e gli ivoriani 65, mentre il gruppo dei
centrafricani è guidato dai nigeriani, che sono 43.
Dal Sud America arrivano 20 brasiliani, 26 equadoriani e
22 peruviani.
Per l'Europa dell'Est si segnala anche la presenza degli
ucraini, che sono 33 (quasi tutte donne).
I dati comunali tengono conto solamente degli stranieri
regolari residenti in città, mentre sfuggono alle
statistiche gli irregolari e quanti gravitano su Sant'Angelo
arrivando però dai paesi limitrofi.
Alla luce di questi numeri, occorrerebbe affrontare un discorso
più articolato su come e dove vivono questi nuovi
santangiolini, su quali bisogni hanno, su che lavoro fanno,
sul loro grado di integrazione.
Due aspetti sembrano preminenti, almeno dal punto di vista
sociale.
Primo: le richieste di aiuto economico che arrivano dagli
immigrati sono in aumento. Secondo: la scuola è il
primo banco di prova del cammino di integrazione e in questi
anni si è dovuta adeguare al mutamento della società
santangiolina.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l'aiuto arriva da
almeno due canali: quello del Comune e quello delle parrocchie.
Per quest'ultimo, lo sportello "Con-tatto" delle
Acli funziona da filtro per i successivi livelli di intervento
(ad esempio il Cav, la Caritas, il Fac).
Da gennaio a settembre le persone che si sono presentate
allo sportello sono state 934, per un totale di 362 nuclei
familiari. Le richieste più pressanti riguardano
l'aiuto per trovare un lavoro, per fare i documenti e per
ottenere informazioni di vario genere.
Un problema particolare sembra essere quello della casa:
allo sportello "Con-tatto" il numero delle richieste
per l'assistenza in questo settore è limitato (da
gennaio a settembre solo 31), mentre in Comune si registra
un aumento delle richieste per gli alloggi popolari e per
i sussidi al pagamento del canone mensile e delle utenze
domestiche. L'Amministrazione comunale ha approvato poi
un nuovo regolamento per l'erogazione delle prestazioni
sociali: è stato così introdotto il tetto
minimo dei cinque anni di residenza per accedere ai servizi.
L'aumento delle richieste, sia sul fronte delle parrocchie
sia sul fronte comunale, è stato il motivo di un
incontro (lo scorso settembre) tra tutti gli enti, pubblici
e privati, che assistono gli stranieri (ma che aiutano anche
gli italiani in difficoltà). L'obiettivo è
la creazione di una banca dati, di una mappa del disagio
e dei bisogni degli stranieri, per evitare che siano sempre
i soliti, sovente i più furbi, a beneficiare degli
aiuti.
Il secondo aspetto di riflessione, quello della scuola,
si basa su un dato di fatto: negli anni le classi si sono
riempite di ragazzini stranieri, la scuola è diventata
davvero multietnica. Questo rappresenta una risorsa eccezionale
per l'arricchimento culturale dei giovani santangiolini,
ma anche una sfida importante, a cui è chiamato il
corpo docente e in generale il sistema scuola.
La tendenza è quella di una diminuzione del numero
degli alunni stranieri del tutto a digiuno della lingua
italiana. Al contrario si registra l'ingresso di nuovi alunni
stranieri che hanno già un retroterra culturale assorbito
dalla realtà locale che li ospita.
Aldilà degli interventi volti ad affrontare necessità
immediate, si avverte la mancanza di un disegno per l'integrazione
degli adulti, che non deve necessariamente arrivare dal
contesto locale. Quando poi viene meno il rispetto delle
regole, il divario tra i nuovi e i vecchi santangiolini
tende ad allargarsi, con il rischio di tramutarsi in una
forma di ostilità e di rifiuto reciproco.
Se l'orientamento diventasse questo, la convivenza e l'interazione
civile si troverebbero di fronte ad un muro: una barriera
invalicabile che oggi Sant'Angelo non si può permettere.