Editoriale
GIOVANNI PAOLO II
COSTRUTTORE DI PACE
Papa Giovanni Paolo II è morto il 2 aprile alle 21,37, suscitando in ogni parte del mondo un'esplosione di affetto e di stima senza uguali. Anche "Il Ponte" vuole ricordarlo con le riflessioni del parroco don Carlo Ferrari, che ringraziamo per la collaborazione.
Giovanni Paolo II: il pontificato, l'insegnamento, la personalità, la vita sua e della famiglia sono stati presentati dai giornali, dalla televisione, dai discorsi più vari, in tutti gli elementi possibili ed immaginabili. Cosa rimane ancora
da dire? Forse nulla. Rimane invece il suo invito, che è rivolto a tutti, pronunciato forte con tutta la sua vita: "Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo". E rimane, altrettanto forte, una delle sue ultime parole, quando il viso era sfigurato dalla sofferenza e la voce quasi del tutto spenta, lasciata scritta: "Alzatevi, andiamo!".
Mercoledì 31 marzo 1993: Giovanni Paolo II, con i ragazzi dell'associazione "Genitori e Amici dei Disabili", accompagnati dal parroco don Carlo Ferrari e da don Gianfranco Rossi, allora assistente dell'Oratorio
E', questo, il comando che Gesù ha pronunciato verso i discepoli nell'orto degli ulivi, il Getsemani, l'ultima sera della sua vita mentre avanzavano i soldati che erano venuti per arrestarlo e condurlo a morte.
Alla luce del comando di Cristo, il Papa Giovanni Paolo II ha collocato le molteplici scelte operate con una lucidità pienamente razionale e una sapienza profetica carica di fede. Tutti i suoi passi si sono mossi perché spinti dal desiderio di aprire, anzi spalancare le porte, tutte le porte a Cristo e nella percezione che era lui, il Signore, a chiedere di andare avanti senza alcuna stanchezza, senza paura, in ogni circostanza anche dolorosa, di non fermarsi mai e di stare sempre al suo seguito. Questo il ritratto, la trama della vita del Papa che ci ha lasciato e il suo imperativo amorevole ma stringente.
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Gli atti del lungo pontificato sono innumerevoli: solo l'elencazione richiederebbe molti volumi. Mi ha sempre fatto pensare un aspetto del suo dire e del suo agire: quello sociale. Sociale nel senso più generale e anche specifico. Ogni gesto aveva sempre una rilevanza di tal genere. Basterebbe pensare alle dichiarazioni innumerevoli di santificazione e beatificazione: esse rivelano un'attenzione alle esistenze personali dei santi e beati, all'esercizio eroico delle virtù cristiane da loro poste in atto, ma anche e sempre la messa in evidenza del servire al bene comune e alla società in cui vivevano.
Persino la dislocazione geografica ha ubbidito a questo concetto, così come la condizione di vita. Ha voluto, il Papa, che si percepisse l'essenziale, e cioè che la santità è per tutte le persone di ogni lingua, popolo e nazione, in qualunque situazione socio-culturale si trovino.
E così il Vangelo è emerso in tutta la sua universale potenza di bene: è veramente un bene comune, per tutte le generazioni, le aggregazioni umane, per ogni ordinamento che tenda realmente alla tutela e alla crescita delle "persone".
Riflessioni analoghe si impongono per i suoi viaggi all'estero, in tutti i Paesi del mondo. I riferimenti alle realtà sociali sono sempre presenti, anche nei contatti politici più difficili e discutibili.
Come non pensare al viaggio in Messico dopo poche settimane dalla sua elezione? Il problema dibattuto dall'Episcopato latino-americano, radunato a Puebla (25-31 gennaio 1979) era quello della "teologia della liberazione". Il suo intervento, si è capito subito, non poteva essere di condanna, ma di discernimento: se Cristo Gesù è al centro, non può il marxismo divenire il riferimento delle scelte sociopolitiche-ecclesiali dei cristiani.
Il suo volare in Polonia, i primi giorni di giugno del 1979, dà il via al grande movimento (Solidarnosc) che porterà il comunismo europeo, tutto, ad una implosione, non violenta, che nessun sociologo aveva mai pronosticato.
E come non ricordare il viaggio in Brasile, 1980, con il Vescovo simbolo dell'autentica "rivoluzione sociale" Mons. Helder Camara?
La caduta del comunismo, l'interesse per i poveri, per i malati e i bambini, i pericoli gravissimi del "capitalismo selvaggio", la assoluta necessità di una maggiore giustizia sociale da ottenersi riducendo le disparità esistenti tra Paesi ricchi e Paesi poveri, cancellando il debito di questi ultimi, promuovendo iniziative volte a fermare la desertificazione... La benevolenza verso i carcerati… La persona… La famiglia… La pace… La vita umana… L'Europa… I giovani… La dignità della donna...
Non si finisce più di dire i temi continuamente ricorrenti nei discorsi, nei documenti (le encicliche sociali), nelle iniziative concrete poste in atto dal Papa Giovanni Paolo II e che hanno uno specifico risvolto sociale. Ma, ancora ripeto, questo aspetto emerge sempre da ogni suo intervento.
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Per concludere diventa necessario citare le prime parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa. Scrive il Card. Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: "Sono lieto di presentare il documento Compendio della dottrina sociale della Chiesa, elaborato, secondo l'incarico ricevuto dal Santo Padre Giovanni Paolo II, per esporre in maniera sintetica, ma esauriente, l'insegnamento sociale della Chiesa". E' questa una delle ultime volontà del Papa che ci ha lasciato, e certamente molto significativa.
Se poi si guarda con attenzione il documento, che in prima pagina porta la dedica "A Giovanni Paolo II, maestro di dottrina sociale, testimone evangelico di Giustizia e di Pace", si fa una scoperta che colpisce nel profondo e commuove: è la data scritta al termine della presentazione, 2 aprile 2004! Un testamento-profezia da tradurre in atto!
Don Carlo Ferrari