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Anno 23 - N.5 Novembre 2019 |
Dal 1996 al servizio dei santangiolini |
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Sant’Angelo è ancora la
città del commercio?
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stranieri, con usi e costumi (e quindi abitudini di acquisto) sovente differente dai clienti storici italiani. E ancora, i generi posti in vendita si sono ridotti e spesso sono simili tra loro. A onor del vero, va detto, è accaduta la stessa cosa in altri mercati a loro modo tradizionali (si pensi a Lodi, Codogno e Casalpusterlengo) ma in questo caso il detto “mal comune mezzo gaudio” non pare dei piùazzeccati. Il commercio di vicinato, le storiche botteghe, hanno subito un colpo mortale e sono state decimate dall’evolversi dei tempi, dall’apertura di supermercati e centri commerciali, in città e nelle immediate vicinanze. Pensiamo ad alimentari, drogherie, panifici, macellerie, tessili e quant’altro. Anche in questo caso è successa la medesima cosa altrove. |
E ancora. Ci sono quartieri molto popolosi, San Rocco e le Gescal, che hanno perso negozi ma anche, come conseguenza, servizi e presidio sociale. A San Rocco le botteghe si sono quasi estinte: non è venuto meno solo un buon numero di attività economiche ma si è perso un importante presidio di socialità e sicurezza.E se per l’approvvigionamento dei prodotti possono supplire supermercati e centri commerciali, per lerestanti peculiarità (socialità e sicurezza) non c’è al momento rimedio. Stessa cosa alle Gescal: è vero che resistono alcune botteghe e che il centro commerciale è a poche centinaia di metri, ma la chiusura, nel cuore del quartiere, del piccolo supermercato (la storica cooperativa, che aveva anche un forte valore sociale) e dell’edicola/bar |
Cantoni chiude. Per sempre. Ammettiamolo, fa un certo effetto passare dalla circonvallazione e vedere questa scritta campeggiare all’esterno di una delle attività commerciali più conosciute di Sant’Angelo. |
Un’attività a suo modo storica, la cui cessazione determina il venir meno di una presenza significativa, sia in termini di valore economico che di posti di lavoro. Cantoni non è il primo e non è certo l’unico grande magazzino che chiude i battenti. E qui non vogliamo soffermarci oltre su un caso particolare, ma prenderlo come spunto per affrontare un ragionamento più ampio, che parte da una semplice (quanto complessa nella riposta) domanda: Sant’Angelo è ancora la città del commercio? Nel corso del Novecento Sant’Angelo ha via via visto crescere e rafforzarsi la propria impronta commerciale. C’erano i negozi della città, in grado di attrarre clienti anche dai paesi circostanti, c’era il mercato del mercoledì e della domenica, con la capacità di generare indotto per i negozi e i bar. Queste due realtà c’erano e ci sono ancora, sebbene con qualche acciacco. E poi c’era la galassia del commercio ambulante, i cosiddetti pachisti (la versione evoluta dei tilè) che per decenni hanno rappresentato il cuore pulsante dell’economia santangiolina, con i venditori aldettaglio (porta aporta diremmo oggi) e i grossisti che li rifornivano. La parte restante dell’economia santangiolina si basava su poche industrie di piccole dimensioni (a differenza di realtà come Casalpusterlengo, dove nel Dopoguerra approdarono colossi come il gruppo Lever) e su tanto pendolarismo verso Milano. |
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A disegnare questa mappa ragioni storiche, logistiche, politiche e forse anche l’indole del santangiolino, dotato di un non comune spirito di intraprendenza.Le condizioni ambientali, per così dire, hanno sempre inciso: le grandi arterie autostradali sono altrove (si pensi all’Autostrada) e la nostra città non è servita dalla ferrovia.Non solo, ma quando negli anni Cinquanta/ Sessanta si disegnò a tavolino lo sviluppo dell’area a sud di Milano, fu la Bassa (e ritorniamo a Casale e dintorni) a beneficiare dell’arrivo di grandi industrie. Oggi, con la chiusura della Sinterama (avvenuta nella prima parte degli anni Duemila) Sant’Angelo non può più contare su una sola industria di medie dimensioni.E paradossalmente il numero maggiore di posti di lavoro è creato da due enti socioassistenziali: l’ospedale Delmati e la casa di riposo parrocchiale. Per le ragioni che abbiamo appena visto, essendo priva di un vero tessuto industriale, Sant’Angelo è sempre stata connotata come uno dei centri del commercio più vivaci e attrattivi del territorio. Ma è ancora così? Il mercato ambulante, uno dei più antichi del Lodigiano, resiste. Ma è molto cambiato nel corso degli ultimi anni, seguendo in maniera inevitabile l’evolversi della società. Moltissimi banchi sono gestiti da stranieri,e i frequentatori, specialmente la domenica, sono anch’essi in ampio numero |
Oggi poi, con l’avanzare del commercio online il futuro appare ancor piùincerto. L’epopea degli ambulanti, i pachisti, è tramontata. Ne resiste uno sparuto gruppo, che oggi non si limita a proporre per mezza Italia prodotti tessili (che hanno letteralmente fatto la fortuna di molte famiglie barasine nel secondo Dopoguerra) ma si amplia a padelle, coltelli, bilance, attrezzi per la ginnastica e la cura del corpo e quant’altro. Cosa resta a Sant’Angelo? Resta un centro storico con un buon numero di negozi, sebbene molti meno rispetto a un tempo e con una platea di generi posti in vendita assai ridotta. Tanto abbigliamento, qualche panificio o piccolo alimentare/ macelleria, bar e ristorazione perlopiù gestiti da stranieri. Se si arriva alla prima periferia e alle aree artigianali si trovano alcuni esercizi commerciali generalisti (i cosiddetti “bazar cinesi”), ferramenta, ricambistica.Resta vivace via Madre Cabrini, con attività storiche.Il quadro non è certo esaustivo, ma serve a rendere l’idea di un tessuto commerciale che è andato via via restringendosi, in qualche caso perdendo anche varietà di prodotti e qualità (la chiusura della storica torrefazione Rovida, della pescheria Daccò o del raviolificio Torri, ad esempio, hanno creato dei vuoti significativi). |
ha certamente impoverito una zona di per sé già problematica. Detto questo, proviamo a tornare alla domanda iniziale: Sant’Angelo è ancora la città del commercio? La risposta non è affatto semplice. Molte attività ancora resistono, ma l’evolversi della società e dell’economia e alcune scelte di sviluppo della città fatte dagli amministratori pubblici nel corso degli ultimi decenni hanno portato a uno sfilacciamento evidente del tessuto commerciale e della sua innegabile ricchezza e varietà.Tanto che oggi la peculiarità di Sant’Angelo, che oggi la peculiarità di Sant’Angelo, quell’essere terra di affari, di commercio e di commercianti, è un po’ meno scontata. Sebbene ancora la si possa ritrovare, in tutta la sua fierezza, in alcuni esempi illuminati. Cosa fare? Quali idee hanno i commercianti stessi e quanti hanno (o hanno avuto) incarichi in Comune, sia in maggioranza che in opposizione? Sarebbe bello parlarne. “Il Ponte” è a disposizione fin d’ora ad accogliere e divulgare i contributi di tutti.
La nostra email è info@ilpontenotizie.it. |
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Al tavolo dei relatori, sul palco della Sala Teatro dell’oratorio S. Luigi, Ornella Grecchi non se n’è mai andata: è viva la sua presenza, nella pur tangibile mancanza che la sua dipartita lascia un mese orsono nella Sezione Avis locale, ma non solo, nel suo ruolo di dirigenza associativa, negli ultimi anni divenuta fattivamente tramite di una rete nazionale. E nelle parole dei presenti, come Michele Di Palma, presidente provinciale, Elio D’Onofrio, vice presidente regionale, il direttore sanitario Vittorio Altrocchi e il presidente emerito Pier Raffaele Savaré, assieme al nuovo presidente Silvio Bosoni, si accavallano gli indirizzi di commiato a ricomporre le ragioni, anche quest’anno, di una Giornata del Donatore. E - “...anche se eravamo nel dubbio sull’organizzare o meno questa festa..” – aggiunge Bosoni – “...lei avrebbe voluto così. A noi spetta il compito di continuare e il ricordo per coloro i quali non ci sono più”. E’nel segno di un vuoto che si riempie del dono che raccogliamo allora i doverosi motivi della Giornata, allorché anche la sala si alza in piedi in quel minuto di silenzio più gravido delle parole. Le stesse del vicesindaco Lucini nell’ancora più consolidata familiarità con - “..l’essere donatori in questo momento”. Un segno, che il tradizionale corteo o la Messa dedicata hanno già lasciato, e su quella scia l’operosità del gesto passa di testimone, soprattutto quando i riferimenti delle parti in campo vanno non soltanto al protocollo d’intesa tra Anci e Avis regionale già grazie all’impegno di Ornella (per avere dalle anagrafi comunali informazioni sulla donazione) ma anche nella volontà dei presenti per istituire qualcosa di permanente in suo nome ....... ...SEGUE
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